Nel 1910 il tribunale di Perugia dichiarava il fallimento della “Lapi” che, nel gennaio del 1911, venne messa all’asta e acquistata da una società costituita dai vecchi creditori. L’azienda, acquistata nel 1915 dalla casa editrice “Dante Alighieri”, fu indirizzata verso la stampa di libri scolastici. Poté così raggiungere una solida posizione finanziaria e attirò consensi per la qualità della produzione anche nel nuovo ambito operativo. Con una scelta lungimirante, nel 1913 lasciò i locali nel centro urbano – non certo i più idonei per le esigenze tecniche e per la salvaguardia della salute dei tipografi -, trasferendosi in un arioso e moderno stabilimento nei pressi della stazione ferroviaria.
Al posto della “Lapi” si insediò nel Palazzo Vecchio Bufalini la “Leonardo da Vinci”. La tipografia di don Giovagnoli si espanse al punto di fondare due stabilimenti satelliti: la “Pliniana” di Selci Umbro e l'”Oderisi” di Gubbio. Mentre quest’ultima si rese autonoma, la “Pliniana” mantenne uno stretto rapporto di collaborazione con la “Leonardo”. Giovagnoli rimase direttore fino al 1942. Per alcuni anni tentò iniziative editoriali che davano ampio spazio ai fermenti sociali e religiosi; poi le ridimensionò, sia perché finanziariamente rischiose, sia per la carenza di un’adeguata organizzazione produttiva.
L’altra tipografia, l'”Unione Arti Grafiche”, faticò non poco a ricavarsi un proprio spazio nel mercato, ma la tenacia dei fondatori fu coronata da successo. Nel 1920 passò in gestione diretta agli operai, iniziando così un’eccezionale esperienza cooperativa protrattasi fino al 1967. Nella sede dell’ex-convento di San Francesco, si susseguirono nella direzione tipografi di grande esperienza e di solida fede socialista, come Luigi Gabriotti e Attilio Mancini.
Facevano corona alle tre industrie tipografiche altre imprese artigiane. La più longeva – la “Grifani-Donati” – si dedicò al lavoro più squisitamente commerciale per enti e per privati. Si guadagnò benemerenze anche come stampatrice ed editrice di numerosi periodici cittadini. Il valente tecnico di origine svizzera Enrico Hartmann fondò una sua litografia nel 1912, quando la “Lapi” smantellò il reparto. Vi era inoltre la Scuola Tipografica Orfanelli del Sacro Cuore. Sorse nel 1912 come Tipografia Vescovile su impulso di mons. Carlo Liviero, bisognoso di una stamperia cattolica per la sua dinamica azione pastorale. Il piccolo laboratorio assunse la nuova denominazione con la nascita dell’Ospizio Sacro Cuore, istituito durante la Grande Guerra per assistere i figli poveri dei soldati. La “Scuola” avviava i giovani alla professione tipografica e, naturalmente, serviva una clientela soprattutto cattolica. Alla fine degli anni Trenta sarebbe stata rilevata dai quattro operai che vi lavoravano.