In quel periodo storico la bandiera italiana non era avvertita come un pericolo dallo Stato del papa, ed anzi si univa con molta naturalezza ai colori pontifici. Fu a capo del corteo insieme alla pontificia e seguita da quelle degli altri Stati italiani, il 3 marzo 1848, al momento delle solenni esequie per i “trucidati” del Lombardo-Veneto e i morti di Sicilia che si svolsero a Città di Castello con grande pompa. I promotori organizzarono le cerimonie religiose in modo che fossero occasione per proclamare l’italianità (chiamando tra l’altro come oratore don Carlo Fantoni, che aveva già tenuto una infiammata orazione patriottica nella cerimonia svoltasi a Sansepolcro il 22 gennaio nella chiesa dei Minori Osservanti), anche se non ancora per promuovere un nuovo ordine politico.
In questo furono motivati da Lodovico e Filottete Corbucci e da Lorenzo Scarafoni. Il Corbucci, che si trovava allora a Perugia come studente, era stato l’organizzatore della cerimonia funebre che si era svolta nel capoluogo il 10 febbraio 1848, dopo quelle che erano state già celebrate a Roma, Firenze e Torino. L’iniziativa, sorta in ambiente universitario, aveva poi coinvolto tutta la città, i professori ed anche i giovanetti, ai quali viene rivolto un particolare appello: “Anche le vostre anime gentili hanno sentito con raccapriccio la strage de’ fratelli caduti in Lombardia sotto il ferro straniero”. Il sentimento che animava la celebrazione era espresso in una struggente iscrizione (secondo l’uso allora in voga): “Addio valorosi Studenti / Addio Fratelli Lombardi / Voi pugnerete sul campo della gloria / Altri pregheranno / che DIO vi renda all’amplesso delle Madri dolenti / Che partorirono sì generosi campioni / ALLA PATRIA”.
Anche a Città di Castello questo è forse uno dei momenti più suggestivi di quegli anni. La cerimonia funebre è preparata in tutti i suoi particolari dal gonfaloniere GioBatta Signoretti; 79 sacerdoti applicano la messa per la causa italiana; un corteo, nel quale vengono portate iscrizioni funebri, opera di Lodovico e Filottete Corbucci, muove dalla piazza di fronte al palazzo comunale a San Francesco; le bandiere vengono portate da giovani vestiti a lutto seguiti da giovinette in bianche vesti; sul cenotafio si dispiegano le bandiere d’Italia e soprattutto il tricolore. Accanto al catafalco è posta una grande scritta, col motto: “Dio e Pio IX”.
Il vessillo tricolore viene esposto solennemente, mentre la banda suona, anche il 18 marzo 1848, per celebrare lo Statuto concesso a Roma il 14 marzo. In previsione della sua promulgazione, durante il carnevale Filottete Corbucci pronunziò un brindisi in cui inneggiava a Pio IX (paragonandolo ai papi guerrieri, come Alessandro III e Giulio II, ma anche allo stesso Washington), alla prossima costituzione e all’Italia. “L’Italia che dormiva avvolta nel fango e stretta nelle catene risuscitò a nuova vita, si tolse l’indegna bruttura e gittò le ingiuste ritorte”, affermava, durante un discorso pieno di passione.
Nella circostanza della concessione dello Statuto, grandi festeggiamenti furono fatti anche a Pietralunga. Essi si svolsero a partire dal 23 marzo, perché il testo era giunto nel piccolo comune solo in quella data, accolto comunque con tutti gli onori, portato in trionfo alla cerimonia della proclamazione ed incorniciato dai colori pontifici e dal tricolore.
L’articolo è un estratto, privo delle note che corredano il testo di Antonella Lignani nel volume Alvaro Tacchini – Antonella Lignani,“Il Risorgimento a Città di Castello” (Petruzzi Editore, Città di Castello 2010).