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Rinnovamento urbanistico e sporcizia

 

Il gran desiderio di progresso e di rinnovamento riguardò anche l’urbanistica. La Cassa di Risparmio decise di finanziare il “taglio” del palazzo di fronte al suo ingresso laterale, in via Mario Angeloni. Dove ora c’è la trattoria di Fez (tanto per intenderci), si ergeva un caratteristico angolo medioevale che invadeva l’attuale strada. Aveva però il difetto di impedire il traffico e toglieva luce alla sede della Cassa, ancora in costruzione. Invano l’intellettuale Pietro Tommasini Mattiucci levò la sua voce a difesa di quell’antico scorcio urbano.
La città in effetti aveva bisogno di una risistematina. Si decise per ragioni igieniche la chiusura del pomerio di San Giacomo (da casa Pirazzoli a via Campo dei Fiori); ci andavano troppi esseri umani a lasciare i loro “rifiuti corporali”. Nel quartiere di San Giacomo quell’anno si registrarono nove casi di febbri tifoidee. Come negli altri quartieri popolari, le case erano quasi totalmente sprovviste di latrine, pozzi neri e acquai e i "rifiuti della vita organica” venivano accumulati nelle stalle al pianterreno; per svuotare il letame dalle stalle venivano contadini e, talvolta, mendicanti, con carri aperti. Tanto sentito era il bisogno di aria salubre, di pulizia, di rinnovamento urbanistico, che nel 1912 fu riproposta l’idea di abbattere radicalmente le antiche mura urbane: a molti sembrava che volessero “strozzare” la città, impedendone l’espansione e il rimodernamento. Si insediò addirittura una commissione consigliare per dare le gambe al progetto che, per fortuna, abortì.