A fine anno il sindaco di Pieve Santo Stefano telegrafò al prefetto che l’epidemia era “completamente cessata” sin dai primi di dicembre. In realtà si verificarono altri casi, anche mortali. Pieve comunque pagò un tributo meno pesante di altre aree della valle. A ciò contribuì un medico militare, il tenente medico Angiolo Schenone, che vi si trattenne dall’8 ottobre alla fine del mese per sostituire i medici del paese, pur’essi colpiti dall’influenza.
La giunta municipale gli riconobbe il merito di aver dato un “immenso contributo ad arrestare lo sviluppo della febbre influenzale”, tributandogli una formale, quanto rara, dichiarazione di gratitudine: “Memore della generosa ed efficace assistenza prodigata ai colpiti dal male mercè la quale molti ritenuti già in condizione disperata ritornarono in salute, delibera di esprimere al dottor Schenone Angiolo i sentimenti della doverosa riconoscenza dell’Amministrazione Comunale e di questa popolazione che tanto aveva imparato ad amarlo ed apprezzarlo e che ammirava la sua non comune attività sprezzante di ogni disagio e di ogni pericolo”.
La “spagnola” tra i militari
L’epidemia seminò la morte anche fra i militari altotiberini. Non meno di 55 furono le vittime dell’influenza, nelle sue varie denominazioni, tra l’ottobre 1918 e il gennaio 1919. La contrassero su tutto l’arco del fronte bellico e in Albania. Il bersagliere di Viaio Giovan Battista Boncompagni ne fu infettato a Roma, “mentre era adibito al trasporto dei cadaveri”. Inoltre ben 24 dei 50 soldati deceduti nella sezione militare dell’ospedale civile di Città di Castello morirono nel 1918, all’epoca della “spagnola”.
L’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano conserva l’epistolario del tenente Renato Rossi, di Castiglion del Lago. Vi è anche la lettera del cappellano militare che inviò la notizia della sua morte per “spagnola”, nel dicembre 1918: “Il buon Rossi era conscio della sua prossima fine. Il giorno 3 incominciò a chiamare la mamma e diceva: ‘Mamma, mamma, presto vengo a trovarti’. Queste testuali parole egli ripeteva di sovente nei giorni 3 e 4. Non fece, si può dire, agonia. Come suole avvenire in questa malattia fu soffocato dal sangue che gli usciva dalla bocca. Fu da me assistito fino all’ultimo respiro e morì raccomandandosi al Signore e a Maria Vergine”.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.