Nasce la Scuola Editrice Cooperativa, poi “Leonardo da Vinci”
Inoltre, con il venir meno del carisma di Scipione Lapi, che aveva saputo mantenere la più importante azienda tifernate al di sopra delle controversie cittadine, anch’essa diventò teatro di un duro scontro fra schieramenti contrapposti. All’inizio del Novecento il movimento dei lavoratori acquisì autorevolezza e crescente forza politica e sindacale. I liberal-monarchici mostrarono pari decisione nel voler mantenere la loro egemonia. La “Lapi” – a parere dei socialisti – si distingueva allora come “una specie di indipendente repubblichetta”. Fu per questo che, in un contesto di aspre lotte, i monarchici lanciarono un’offensiva per acquisirne il controllo. Vi riuscirono nel 1905, provocando però un incremento dei contrasti di natura sindacale.
In un clima di continua tensione, reso più aspro dall’intreccio di dissidi politici e di rancori personali, la “famiglia” vagheggiata da Lapi cominciò a sfaldarsi. Fu allora che il suo Stabilimento dimostrò di essere stato scuola di vita e fucina di tipografi di prim’ordine. Nel 1906 alcuni suoi operai, sostenuti da esponenti del mondo cattolico – fra cui don Enrico Giovagnoli, fondatore dell’innovativo circolo Nova Juventus – fondarono la Scuola Editrice Cooperativa. I promotori si prefiggevano mete ambiziose: in quanto “scuola”, la nascente azienda intendeva introdurre all’arte una nuova leva di lavoratori; inoltre, in quanto casa editrice, si riprometteva di togliere i giovani autori “alla speculazione libraria e alle sue strettoie”, offrendo loro la possibilità di esprimersi liberamente. Nel 1909 essa mutò il nome in Società Tipografica Cooperativa Editrice; dava lavoro a una trentina di addetti e si era dotata di macchine a energia elettrica, utilizzabile in città da appena tre anni. Sotto la direzione di un uomo di grande sensibilità e cultura come Giovagnoli, seppe rafforzare l’immagine e la presenza nel mercato. Nel 1912 assunse la definitiva denominazione di “Leonardo da Vinci”.
La tipografia di Giovagnoli coprì anche il vuoto lasciato nel 1902 dalla chiusura della Tipografia Cattolica. Era sorta nel novembre del 1894 su iniziativa dei sacerdoti Giacinto Faeti, Amedeo Mancini e Francesco Rossi. Il torchio della “Cattolica, nel laboratorio sito nei locali dell’oratorio festivo, stampò opuscoli e avvisi di natura religiosa, libretti per le premiazioni nelle scuole seminarili e lettere pastorali.