Lo scoppio della guerra civile spagnola, nel luglio del 1936, offrì ulteriori ragioni per il rafforzamento dell’intesa tra il regime fascista e la Chiesa. Mentre l’offensiva del generale Francisco Franco contro il governo repubblicano spagnolo riceveva il sostegno di chi temeva le radicali riforme economiche e sociali da esso avviate, il vescovo Filippo Maria Cipriani inviò un’allarmata lettera pastorale, invitando i sacerdoti a recitare la preghiera “contra persecutores et mala gentes” e a tenere altri solenni tridui “per la salvezza della Spagna cattolica”. Il vescovo prese decisamente posizione contro i “repubblicani” spagnoli: “Lo scempio che i perversi persecutori compiono con ritmo crescente nella Spagna Cattolica sui Templi del Signore, incendiandoli, distruggendoli, nelle persone sacre dei Ministri di Dio e delle Spose di Gesù Cristo, riempie di terrore non solo ogni anima religiosa, ma ogni cuore onesto e semplicemente civile”. Cipriani non nascose la convinzione che la vittoria dell’una o dell’altra fazione nella guerra civile avrebbe avuto ripercussioni ben più vaste: “La situazione gravissima presenta altresì pericoli seri, che minacciano altre Nazioni”. Per i cattolici, quindi, preoccupati più che altro di erigere una barriera contro il diffondersi delle teorie marxiste, il chiaro appoggio del fascismo italiano al generale Franco non poteva che avere un effetto rassicurante.
Di lì a pochi mesi, in seguito all’attivo coinvolgimento del regime nel conflitto, anche 35 volontari di Città di avrebbero partecipato all’Operazione Militare in Spagna. Uno di essi, Andrea Pacchioni, ex dipendente della Fattoria Tabacchi,morì a Guadalajara.
I “legionari di Spagna” fecero ritorno in città il 10 giugno 1939. Ad ottobre ricevettero dal podestà un diploma che sottolineava l’aggressiva proiezione internazionale del regime: “Il Legionario, educato e cresciuto alle fulgide idealità simboleggiate dal Fascio Littorio, ha partecipato volontariamente con le legioni italiane alla guerra di Spagna, coraggiosamente e tenacemente contribuendo alla vittoria della nuova civiltà nel bacino del Mediterraneo secondo il luminoso pensiero del Duce”.Figuravano come graduati il centurione Fernando Ricci, i tenenti Demo Sediari, Azelio MilIeri, Bruno Zeviani, Corrado Corsi, Renato Roti, il sotto tenente Orazio Puletti (poi leader del Partito Fascista Repubblicano di Città di Castello)e il caposquadra Ermete Gasperini; ricevettero decorazioni al valor militare Mario Marinelli, Alfredo Baracchini, Azelio MilIeri e Spartaco Bucchi. Questi i nomi degli altri legionari: Augusto Vannelli, Gabriele Raspini, Vinicio Sarteanesi, Vito Carbini, Vincenzo Veneziani, Bruno Nardi, Coriolano Cuccarini, Angelo Roselli, Romolo Bargiacchi, Luigi Gatticchi, Gino Zoi, Pietro Mencaccini, Elvio Biagioli, Luigi Cecchetti, Settimio Pieracci, Felice Darderi, Pasquale Faleni, Aldo Chieli, Sante Fiorucci, Gino Magalotti, Mario Gianfranceschi, Rolando Santinelli, Giustino Lucaccioni (“La Nazione”, 8 e 16 ottobre 1939).
Invece un gruppo di emigrati altotiberini, tra i quali otto originari di Città di Castello, andarono a combattere in Spagna con i repubblicani. Tutti di sinistra, ma ognuno con la sua peculiare storia politica, si aggregarono alla spicciolata alle truppe che tentavano di contrastare le truppe di Francisco Franco. Due di essi, il tifernate Fosco Falaschi e l’umbertidese Alessandro Grelli, morirono in battaglia.
Per un quadro più ampio del tema, si veda il mio volume Il fascismo a Città di Castello, Petruzzi Editore, Città di Castello 2004.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.