Disegno pubblicitario della Litografia di Hartmann a Firenze.
Scipione Lapi ritratto da Hartmann a Villa de Cesare.
Ritratto giovanile di Hartmann.
L’incontro con Lapi
Di tutti quei forestieri che, una volta insediatisi a Città di Castello, non l’abbandonano più, si dice che hanno bevuto l’acqua del santo patrono, San Florido. Ebbene, anche Hartmann “bevve l’acqua di San Florido”. Era nato nei pressi di Zurigo nel 1863, da Ulrico e Margherita Lips. Il padre possedeva una manifattura di zucchero.
Sin da giovane Enrico si sentì attratto dall’Italia e prese a percorrerla vivendo del suo lavoro di litografo incisore. Fu prima a Milano, poi a Bergamo, infine a Firenze. Qui, come tramandano le memorie famigliari, conobbe Scipione Lapi.
Personaggio di spicco di Città di Castello, brillante e vulcanico per l’energia che sprigionava, Lapi non si limitava ad esercitare le ordinarie occupazioni di professore di matematica alla Scuola Tecnica e di ingegnere civile. Sin da 1872 aveva impiantano un piccolo laboratorio litografico, pian piano sviluppatosi fino a diventare un vero e proprio stabilimento anche tipografico. Nella realtà agricola di Città di Castello, quell’azienda finì con l’affermarsi come la principale industria locale; nel 1884 dava lavoro a 49 operai, ma il loro numero sarebbe cresciuto fino a un centinaio. Lapi non volle limitarsi a fare lo stampatore: nutriva ambizioni nel campo dell’editoria e già a metà degli anni Ottanta intellettuali di rilievo nazionale presero ad affidarsi a lui, assicurandogli i primi successi.
Fu in quel periodo che Lapi e Hartmann si incontrarono. L’editore tifernate comprese che quel litografo incisore svizzero avrebbe dato ancor più lustro al suo Stabilimento; per Hartmann si trattava di una nuova imprevedibile avventura in una zona d’Italia a lui sconosciuta.
Professionalmente, Enrico dovette sentirsi realizzato. Il sodalizio con Lapi gli offrì soddisfazioni di prim’ordine. Nello Stabilimento si stampavano opere di intellettuali prestigiosi e l’editore tifernate non lesinava impegno per garantire ai committenti prodotti di qualità: ricorreva a buona carta e a bei caratteri, faceva sì che l’impaginazione fosse graficamente armonica e ineccepibile, curava con attenzione frontespizi, fregi e illustrazioni.