Francesco Donati e Bartolomeo Carlucci giunsero da Assisi a Città di Castello forse nell’estate del 1799. Poco si sa di essi, se non che nel 1796 Francesco Donati risiedeva ancora ad Assisi, con il babbo Biagio e la mamma Maria.
Non sono note nemmeno le ragioni che li spinsero a trasferirsi a Città di Castello. Forse, cessando l’attività il bravo Fedele Toppi, che per diversi anni aveva saputo soddisfarne i bisogni, e prima che i Brizi avviassero la propria, la piazza tifernate era rimasta sguarnita di tipografie.
Si può supporre che Donati e Carlucci fossero operai di quell’Ottavio Sgariglia che in Assisi godeva di grande prestigio, ma che a quell’epoca versava in difficoltà finanziarie.
Una pubblicazione religiosa – Sacro settennario in onore della Beata Margherita […] – lascerebbe supporre che Carlucci sia giunto prima del socio; porta infatti solo la sua firma. Altre pubblicazioni di poco successive – prodotte “nella stamperia della Deputazione posta nel Convento di Sant’Agostino – sono invece da ascrivere ad entrambi gli assisani. Ne fa fede la testimonianza di mons. Giovanni Muzi, che dovette raccogliere i ricordi dello stesso Donati. Se è vera l’informazione data da Muzi, dovrebbero essere stati impressi dal torchio di Donati e Carlucci tutti gli stampati ordinati dalla Deputazione e prodotti in tal luogo.
Mentre l’amministrazione cittadina gratificava subito Donati e Carlucci di commesse di avvisi e manifesti e li autorizzava a fregiarsi del titolo di “stampatori della Deputazione”, essi acquisirono una clientela ben più vasta, estesa anche alla vicina Toscana.. La qualità tipografica di tale opera attesterebbe, secondo Angelo Falchi e Angelo Marinelli, che Donati e Carlucci avevano “un’officina assai ben fornita”. Poco altro si sa di essa, se non che i due assisani lavoravano con un “torchio tutto in legno, comperato dalla Tipografia Camerale di Roma”.
Risalgono al 1800 le prime opere impresse nella contemporanea tipografia dei fratelli Brizi. Essi – con Giuseppe probabilmente capofficina – rilevarono il laboratorio di Fedele Toppi e per almeno cinque anni divisero con gli stampatori assisani le poche commesse che Città di Castello poteva offrire.
Nei primi cinque anni dell’‘800 Donati e Carlucci non dettero alle stampe opere di notevole rilievo: si susseguirono componimenti poetici in fogli volanti, opuscoli di carattere religioso e poc’altro di cospicuo.
L’estratto è una breve sintesi del testo in A. Tacchini, La Grifani-Donati 1799-1999. Duecento anni di una tipografia (1999).