Alice fece propria la spiritualità di San Francesco e fu profondamente influenzata dall’etica e dai principi di riforma sociale di Tolstoj. Era, la sua, una religiosità intimamente vissuta, avulsa dai dogmi, aperta a ogni possibile arricchimento intellettuale, imperniata sulla semplicità evangelica e sul dovere della solidarietà e dell’amore verso tutti gli esseri umani e la natura.
Alcuni brani tratti dalle sue lettere alla collaboratrice e amica Maria Pasqui Marchetti rivelano, nel linguaggio umile e schietto di Alice, le linee fondamentali della sua spiritualità:
“Come a Roma, così anche a Gerusalemme ed in Terra Santa la religione di Cristo non si capisce nelle chiese erette sopra luoghi piò o meno bene fissati dalla tradizione … Solo la Natura, la quale è oggi quella che era 2000 anni fa, i fiori umili ma belli dei campi parlano di Lui, la Sua figura pura ed alta si stacca dal paesaggio del Lago di Genezareth, dove scelse i suoi amici fra poveri pescatori e dal Monte delle beatitudini, dove, ispirato, trasportò le moltitudini per dire cose sublimi, eterne, le quali sono oggi, come saranno sempre, il nostro pane spirituale. Torno più religiosa, direi più cristiana che mai, ma per ottenere questo ho dovuto fuggire i luoghi del culto cristiano ed astenermi dal vedere le funzioni della religione praticata” (29 aprile 1904).
“Teniamoci tutti a quella altezza di sentimenti e di pensieri, dove il bene sia la cosa naturale, dove il male s’ignora e dove per conseguenza regna il Cielo in terra. Ecco la vera spiegazione del Paradiso: è uno stato d’animo, non un luogo […]” (27 aprile 1905)
“Sento in me una forza ed una calma invincibili. Vorrei poterla portare anche nei cuori di quelli che amo, di te. Ed il segreto qual è? Dimenticare se stesso, ecco l’eterna, la sempre dimenticata verità, la quale bisogna riimparare ogni ora, ogni giorno” (13 gennaio 1904)
“[…] anche tu la cerchi quella strada che conduce verso l’Ideale, ed anche a te non possono essere risparmiate le dure prove, le quali vengono mandate per trovare la nostra forza e per innalzarci poi” (31 luglio 1903)
“Contro l’odio non c’è che un solo rimedio, l’amore… [Bisogna agire] non solamente colla coscienza tranquilla, ma anche con quella benevolenza verso gli uomini, con quella serenità e purezza di anima nobile, al quale non è possibile tollerare in sé neanche un pensiero di ripugnanza verso chicchesia” (26 maggio 1903)
“Sono molto triste di trovare fra i […] una tale resistenza al bene. Non l’avrei mai creduto, Bisogna amarli doppiamente, perché non sanno quello che fanno…” (1° aprile 1905)
“[…] ogni azione di sacrifizio (sacrifizio di tempo, di fatica, di pensiero, di piacere egoistico, di ogni dono dello spirito) non si ferma all’atto stesso, ma scatena sentimenti buoni in altri cuori ed aiuta i deboli a entrare anche loro in quel ‘regno invisibile’ nel quale il più umile è il più grande” (Pasqua 1909)
“[…] sempre ho creduto nella presenza di questo Spirito anche quando era così latente che pareva di non esistere. Ma tutta questa gioia mi impone solennemente di ricordarmi che l’opera nostra è sempre piccola rispetto a ciò che dovrebbe essere, e che, mentre sono felice e soddisfatta – commossa fino alla parte più intima del mio Io – mi sento una voce interna che dice: “rimani umile, non pensare a quello che hai fatto, ma ai nuovi doveri, alle speranze accese, al sacrifizio gioioso e volontario da compiersi ogni giorno” (Pasqua 1909)
“Laudato sii o Signore per nostra morte corporale. Prima di entrare a conoscere la nostra cara sorella Morte, voglio mandarvi la mia parola di amore, di pace, d’addio. […] È venuto il momento al quale dobbiamo separarci: ma se sentite come me saprete che per chi veramente ama non c’è separazione, che l’Amore è più forte anche della Morte”. (ultima lettera, 16 ottobre 1911)