Rilevamenti meteorologici nel Campo sperimentale “Boselli” impiantato dalla Fattoria presso Sansecondo (anni ’30).
Virginia Bright “Gigante” a foglie arrotondate (1947).
Pianta gigante di tabacco (1935).
La sperimentazione del Bright
“I gusti dei fumatori si spostano rapidamente, con accelerata progressione dal tabacco alla sigaretta”. Questa constatazione significò il ridimensionamento del tabacco Kentucky, usato per la confezione di sigari toscani, e la coltivazione di una crescente quantità di Virginia Bright, il più adatto per miscele di sigarette. La politica del Monopolio, che era riuscito a liberare “quasi completamente” l’Italia dall’importazione di Kentucky dall’estero, mirò quindi a conseguire gli stessi risultati con il Virginia Bright, sperando addirittura di poterlo esportare.
Nel 1930, per avviare proficuamente la sperimentazione del Bright Italia, come lo si venne a denominare, nell’Italia centrale fu scelta proprio la Fattoria, azienda che dava assoluta garanzia sia per l’esperienza e l’affidabilità dei coltivatori, sia per le capacità dei dirigenti. Siccome bisognava scegliere il tipo di Bright più adatto al territorio, si impiantò a Canoscio un “Campo di orientamento”, con la stretta consulenza dell’Istituto Sperimentale per la Tabacchicoltura di Scafati. Il terreno migliore – lo si richiedeva arenoso, “magro”, fresco, con un sottosuolo poco permeabile e facilmente irrigabile, ben diverso da quello per il Kentucky – parve essere nelle valli alla destra del Tevere. Fu quindi nella zona di Morra e di San Leo Bastia che ebbero luogo gli esperimenti del biennio 1930-1931: il Bright venne ritirato dalla Fattoria allo stato verde e curato nello stabilimento cittadino, dove già funzionavano gli essiccatoi con gli aerotermi.
Il successo della sperimentazione aprì la strada alla coltivazione del Bright su larga scala. Iniziò nel 1932 con una cinquantina di ettari, che implicarono però la rinuncia a 22 ettari di Kentucky. Si trattava di una concessione settennale che metteva in gioco reputazione e futuro produttivo della Fattoria. Oltre a coltivare il tabacco, in campagna si doveva provvedere alla sua cura da parte dei mezzadri negli essiccatoi poderali. Non bastava quindi scegliere i poderi con il suolo più confacente: ci volevano proprietari con spirito imprenditoriale e “famiglie coloniche intelligenti e disciplinate”. Per questo la Fattoria assunse l’impegno di fornire un’assistenza tecnica continua, di anticipare senza interessi i fondi per la sistemazione degli essiccatoi, di premiare i produttori più efficienti e di accordare indennizzi qualora, “malgrado le cure diligenti del coltivatore”, il profitto fosse inferiore a quello che si avrebbe avuto con il Kentucky.