La prima data che segnò effettivamente una frattura in una storia plurisecolare fu quella del 13 gennaio 1798, quando truppe bresciane, collegate ai francesi, portarono idee e modalità di governo del tutto diverse da quelle del passato ed anche da quelle dei territori limitrofi. Città di Castello fu la prima località ad essere conquistata dalle truppe cisalpine che sotto il comando del generale Berthier, marciavano per conquistare Roma. Per effetto di questa circostanza nella nostra zona furono proclamati gli ideali rivoluzionari.
I tifernati lessero e ascoltarono un proclama inusitato per le loro tradizioni, sormontato dal motto Libertà – Virtù – Uguaglianza, e con la dedica “Al popolo sovrano di Città di Castello”. In esso la nuova Municipalità, costituita da Giulio Bufalini, presidente, Leonardo Patrizi, Vincenzo Evangelisti, Agostino Pucciarini, Gio:Battista Angelisti, Francesco Riccardini, Pietro del Monte e Francesco Cristiani segretario annunciavano che una nuova era si stava aprendo per un “popolo coraggioso” che più volte aveva cercato la libertà. “La rivoluzione è seguita”, affermavano i municipalisti, che dichiaravano di avere a cuore la felicità del popolo e di prescrivere a tutti di portare i colori italiani: “Ciascuno, sia Secolare, sia Ecclesiastico, di qualunque condizione porterà la Cuccarda Nazionale Italiana Bianca, Verde, e Rossa”. Si annunciava contestualmente l’abolizione delle tasse sul sale e sul macinato. Dopo aver scalpellato gli stemmi dei nobili, i cittadini innalzarono in piazza Vitelli l’albero della libertà, attorno al quale si danzava la “Carmagnola”. Il governatore di Città di Castello era fuggito e il suo palazzo fu presto occupato dai nuovi governanti. Al vescovo Pietro Boscarini non restava altro che gridare “Viva san Florido!” per non gridare, come volevano i rivoluzionari “Viva la libertà”. Non mancò nemmeno un predicatore giacobino, Amato da Dio Lepri, che pronunziò un’infuocata orazione nella chiesa di San Fortunato, che ora non esiste più.
Ma la nuova situazione verificatesi nel 1798 dimostrò subito la sua instabilità nel momento in cui gli abitanti delle campagne rifiutarono quel cambiamento, quella sostanziale rivoluzione che appariva loro ancora troppo distante, aristocratica e, tutto sommato, negativa. Il capo della Municipalità, Giulio Bufalini, venne anzi linciato il 5 maggio, mentre tentava di sfuggire agli insorti radunatisi dalle campagne, che egli aveva insolentito dagli spalti delle mura. Nella stessa circostanza centocinquanta soldati francesi persero la vita in seguito alla rivolta sanfedista, e vennero uccisi anche Leonardo Patrizi e GioBatta Angelisti.
La prima Repubblica Romana, anche se di breve e tumultuosa vita, riesce in un primo momento a riprendere il controllo della situazione, col ritorno delle truppe francesi il 12 maggio, e ad insediare una nuova Municipalità, che tuttavia non avrà più l’entusiasmo né il lustro della prima. Dall’uccisione del Bufalini alla fine della Repubblica praticamente il potere francese attua una ristrutturazione amministrativa del territorio tenendo conto anche delle frazioni, ma soprattutto impone tasse per mantenere l’esercito e portare avanti una normale amministrazione. Vengono eseguite condanne a morte di preti anti-rivoluzionari (come Vincenzo Corsi) e di vari capi sanfedisti, tra i quali Angelo Rabbiaccia e il cosiddetto Capelbianco.
Una coalizione internazionale unita alla rivolta dei “vandeani” locali portarono alla caduta della prima Repubblica Romana (30 settembre 1799). A Città di Castello le armi austriache, congiunte a quelle aretine e agli insorgenti delle campagne, al grido di “Viva Maria!” si erano già incaricate di riportare l’ordine imperiale e il potere temporale dei papi il 18 giugno 1799.
I testi e la documentazione nel sito sono tratti Il Risorgimento a Città di Castello, di Alvaro Tacchini e Antonella Lignani, Petruzzi Editore, 2011..
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.