Lapi poté quindi riprendere a tessere la trama per la ristampa dei Rerum. Tuttavia il superamento di complesse difficoltà tecniche, organizzative e redazionali mise a dura prova l’editore e Fiorini. Quando poi il progetto prese a concretizzarsi, ci si mise di mezzo pure l’ostilità dell’Istituto Storico di Roma, alimentata sia da preoccupazioni sulla scientificità dell’iniziativa di Lapi e Fiorini, sia da indubbia gelosia per vederla realizzato da altri.
Nel 1899, finalmente, la svolta. Gli ostacoli frapposti alla ristampa stavano creando una situazione insostenibile per Lapi, anche dal punto di vista industriale. A marzo scrisse a Fiorini: “Bisogna tener presente di far presto, presto: questa è la cosa vitale e se non si raggiunge questa, avrò le conseguenze più disastrose che si possano immaginare”.
La tenacia dei due avrebbe avuto la meglio. Ma all’inizio di agosto la situazione doveva ancora apparire ingarbugliata, se Carducci si fece vivo con l’editore tifernate in questi termini: “Io sono dietro a lavorar di forza nella prefazione ai Rerum Italicarum Scriptores, tanto che Ella possa averla nel settembre. Ma non so più altro, e desidero saperlo, della prossima pubblicazione della grande opera. La ringrazio del suo graditissimo dono…”.
Lapi tranquillizzò il poeta: il lavoro di correzione delle bozze procedeva alacremente e gli studiosi stavano perfezionando i loro contributi. Quindi raccomandò il rispetto della scadenza suggerita: “[…] la ringrazio molto anche per la buona notizia che è dietro a lavorar di forza nella prefazione, tanto che la potrò avere nel settembre. Occorre proprio, carissimo Professore, che non si vada al di là. Bisogna che in ottobre io possa presentare il primo volume al Ministro, cioè prima che si riapra la Camera”.
Carducci, con una cartolina postale, confermò l’impegno a concludere la prefazione entro settembre purché – affermò scaramanticamente – il diavolo non vi avesse messo “a traverso le corna o la coda”. Di quanto fosse assorbito nel lavoro fa fede un’altra lettera, nella quale si scusava di non poter accogliere un invito: “Sono impegnato con l’editore Lapi di Città di Castello a preparare una prefazione-introduzione d’una ristampa (prima in Italia dopo 150 anni) del Rerum italicarum scriptores del Muratori, ed ella sa che l’opera è di 28 volumi in foglio, e che comprende 1500 anni di storia italiana; e non sa, che il primo volume deve uscire nell’ottobre. In questa contingenza non posso dare una promessa. […] Compatisca un pover’uomo che è vittima della letteratura”.
Carducci onorò l’impegno. All’inizio di gennaio del 1900 gli spedì la prefazione con una nota: “Manca il breve ultimo capitolo, che sarà fatto in tanto. Badi a fare eseguire le correzioni a lapis”. In una sua successiva lettera, del 3 febbraio, gli rivelò la malattia che lo aveva colpito: “Ecco le stampe. Manca un capitoletto, che è già in appunti; e lo manderò fra non molto. Allora Ella mi respinga tutto insieme stampe nuove e stampe vecchie. Ho bisogno ancora di correggerle. Questa lettera, scritta da mano altrui, mostra sempre quel che mi manca, l’uso della destra; e ciò mi impedisce di molto”.