Leopoldo Franchetti
Lettera di Franchetti.
Locomotiva e vagoni della SFAC.

La mediazione di Leopoldo Franchetti

Il 17 ottobre, finalmente, l’autorevole deputato Leopoldo Franchetti  si decise a scendere in campo, sollecitato anche dagli ambienti liberali perugini. Lo comunicò tempestivamente al sindaco tifernate Gavasei: “È venuta orora una commissione di quattro ferrovieri a pregarmi di intromettermi. Ho accettato a titolo di semplice intermediario neutro. Non ho nascosto i miei dubbi sulla riuscita della mia intromissione in questo periodo troppo tardivo della vertenza, né la possibilità di un mio insuccesso. Ho invitato la commissione a redigere per iscritto una proposta concreta ed accettabile dalla Società. […]  Non intendo fare nessun passo se non sopra terreno solido”.

L’indomani – settimo giorno dello sciopero – Gavasei scrisse al direttore della F.A.C. e al presidente della Lega. Si fece portavoce dei “lamenti gravissimi” dell’intera popolazione della vallata “per tanta mole d’interessi lesi” dalla sospensione del traffico ferroviario, auspicò “un compromesso amichevole” e suggerì di indicare degli “arbitri” per la vertenza, per indirizzarla verso “una soluzione equa e pronta”. Proprio il 18 ottobre si concludeva con un nulla di fatto il sesto incontro tra la commissione dei ferrovieri e i rappresentanti della società belga.

Il presidente della Lega, Consani, accolse prontamente la proposta di arbitrato, ricordando al sindaco che i ferrovieri erano stati costretti allo sciopero “come unico mezzo di difesa di giusti diritti”. Allo stesso tempo Consani scrisse al direttore della F.A.C. Locatelli. Ribadì che i punti irrinunciabili per i ferrovieri erano “l’organico, l’aumento del personale e un aumento qualsiasi di stipendio a tutto il personale o alla maggior parte di esso”; quella dell’organico era una “quistione di stato” sulla quale non accettava compromessi e per la quale proponeva “le norme precise adottate per i ferrovieri della Nord Milano”. Quanto all’arbitrato, suggerì una commissione di cinque persone, due per parte più un magistrato della sezione di Perugia della Corte d’Appello di Ancona. Consani non fu affatto tenero con il suo interlocutore, che accusò di voler rompere le trattative: “[…] ogni ostacolo [alla conclusione della vertenza] deriva da preconcetti della direzione dell’esercizio posta inopportunamente a decidere la controversia nata principalmente per opera e colpe sue. Infatti le riduzioni di personale, le stremate percorrenze, le negate trasferte e pernottazioni altra volta esistenti non che i trattamenti verso il personale, resero necessaria la richiesta di quelle garanzie le quali s’impongono quando la fiducia e la benevolenza esulano completamente nei rapporti tra la direzione e il personale”.

Anche il direttore Locatelli scrisse una lettera al sindaco: fece riferimento a “circostanze incresciose” intervenute a rendere ancor più difficile l’accordo e, in conseguenza della rottura delle trattative, espresse dubbi sul buon esito della proposta di arbitraggio; ciò nonostante lasciò aperto uno spiraglio, confidando “nel  buon senso del personale”.

L’opera di mediazione di Franchetti e Gavasei riuscì a far ripartire la trattativa. Intanto il fronte degli scioperanti si manteneva compatto e la linea ferroviaria restava paralizzata, con evidenti disagi per la popolazione e per le attività produttive.

Il 24 ottobre, tredicesimo giorno di astensione dal lavoro, vi fu un fitto scambio di telegrammi fra Franchetti, i massimi dirigenti della società belga e il loro delegato in Italia Van Overbecke. Quello inviato dall’on. Franchetti e da Gavasei ai ministri dei Lavori Pubblici e degli Interni alle ore 12 del 24 ottobre da un lato riepilogava lo stato della vertenza, dall’altro rivelava il crescente livello di esasperazione: “Van Overbecke Delegato Società Ferrovia Appennino alle nostre insistenze per inclusione clausola assicurante stabilità del personale rispondeva per telegramma, che dopo numerose concessioni fatte erano inutili nuove poiché nulla garantiva ripresa servizio. Allora dietro nostra iniziativa Lega ferrovieri deliberò cessare sciopero dopo accettata clausola sudetta. A nostra domanda inclusione formula Società rispondeva negativamente. Rifiuto offende ferrovieri e noi producendo irritazione ponendo scioperanti parte ragione. Per evitare complicazioni e perturbamenti prego Vossignoria insistere prontamente energicamente per accettazione formula unico mezzo risolutivo tesa situazione”.

Altri dettagli li rese noti “Unione popolare”, pubblicando un verbale delle trattative tra i mediatori e i rappresentanti della società belga. Due giorni prima, il 22 ottobre, Franchetti e Gavasei avevano proposto di adottare riguardo all’organico la dicitura: “Per il personale attualmente messo in organico non si possono far riduzioni se non per diminuito traffico. Libera la Società per il personale nuovo assunto”.

La proposta venne telegrafata a Van Overbecke, che rispose la sera stessa: “[…] dopo le concessioni numerose fatte, inutili nuove poiché nulla garantisce la ripresa del servizio”.

Franchetti e Gavasei interpretarono la dichiarazione come un assenso alla loro proposta, qualora in corrispettivo fosse cessato lo sciopero. Invece i vertici della società belga non accettarono tale interpretazione e controproposero, in sostituzione della formula suggerita dai mediatori, una indennità di sei mesi di stipendio in caso di licenziamento per soppressione di impiego del personale. Per Franchetti e Gavasei fu la goccia che fece traboccare il vaso: “Di fronte a questo modo di procedere della Società, che i sottoscritti deplorano altamente, essi rompono con la Società ogni trattativa, e costretti loro malgrado a rinunziare all’Uffizio di amichevoli intermediari, si riservano di provocare dalle autorità competenti i provvedimenti e le deliberazioni del caso […]”.

Quindi si sentirono in dovere di restituire alla Lega dei Ferrovieri la più completa libertà di azione e scrissero a tutti i sindaci dell’Alta Valle del Tevere una dura lettera che metteva con le spalle al muro la proprietà e la direzione della F.A.C.: “I sottoscritti, intermediari della vertenza […] deplorando il modo di procedere della Società dell’Appennino Centrale, sono costretti rompere con essa ogni trattativa e rinunciare all’ufficio amichevole intrapreso per la composizione dello sciopero” .