Il fronte sull’Alpe di Catenaia visse dunque per alcuni giorni una fase di relativa stasi, con un avanzamento modesto ma progressivo delle truppe indiane e una tattica duttile da parte dei tedeschi. Pur continuando a sfruttare le opportunità difensive offerte dal massiccio, essi si prepararono a frapporre ulteriore resistenza su una nuova linea di difesa, la “Bruna”, immediatamente precedente la Linea Gotica: sul versante occidentale dell’Alta Valle del Tevere aveva come roccaforti i Monti Penna, Faggiolo, Castelsavino e Modina.
A subire le conseguenze del rallentamento dell’offensiva alleata fu soprattutto la popolazione del Capresano, presa in mezzo a durissimi bombardamenti, vittima delle residue scorrerie delle truppe di retrovia germaniche e bersaglio dei britannici, costretti a sparare sugli edifici rurali dove si annidavano, sovente in prossimità di civili, pezzi di artiglieria e cecchini tedeschi. I cannoni inglesi – scrisse Giovannino Fiori – “battevano sistematicamente ogni centro abitato, ogni casolare, ogni posizione che si prestasse alla difesa. Nubi di fumo si alzavano dai luoghi dove il concentramento di fuoco persisteva per decine di minuti. […] Numerosi i morti e i feriti e pochi gli edifici rimasti indenni. Gli abitanti e i rifugiati di ogni casolare guardavano la pioggia di colpi sulle case degli altri e attendevano con trepidazione il proprio turno”. Tra la fine di luglio e il 26 agosto dieci capresani furono vittime delle artiglierie britanniche; altri tre ne uccisero i tedeschi a colpi d’arma da fuoco. Si rischiò pure una strage di rilevanti proporzioni. Quando, il 3 agosto, i tedeschi videro colpite con estrema precisione alcune loro batterie di artiglieria dal fuoco nemico, ritennero che ciò fosse possibile solo perché qualcuno dirigeva il tiro alle loro spalle con una radiotrasmittente e che l’informatore si celasse tra la popolazione locale. La loro rabbiosa reazione portò a rastrellare trenta ostaggi, a rinchiuderli in una stalla di Gricigliano e a condannarli alla fucilazione. Se l’esecuzione non ebbe luogo lo si deve alla tenacia di don Tersilio Rossi, che peregrinò da un ufficiale tedesco all’altro della zona finché non riuscì a convincerli che gli ostaggi non erano spie.
Sul fianco meridionale dell’Alpe di Catenaia, fino all’11 agosto i tedeschi dettero filo da torcere agli attaccanti a Ponte alla Piera. Poi i Lovat Scouts della 10a brigata ebbero la meglio e vi stabilirono la loro base. Sui Monti Rognosi erano schierati i gurkha. Ma le valli del Singerna e del Tevere a nord di Montedoglio si trovavano ancora in mano tedesca. Tra il 15 e il 19 agosto, quindi, le truppe germaniche ebbero modo di spadroneggiare ancora in quel territorio. Gli abitanti di San Casciano, Marcena, Stratino e Casalino subirono la deportazione oltre la Linea Gotica, mentre saltavano in aria i ponti sul Carbonchia, sul Cerfone, sul Camaiano e sul Singerna.
Sull’Alpe di Catenaia la continua pressione anglo-indiana ai fianchi dello schieramento tedesco finì con l’avere la meglio. La notte del 19 agosto i punjabi riuscirono ad assumere il controllo dell’Alpe della Regina. La perdita della roccaforte montana indusse i tedeschi a evacuare Caprese Michelangelo due giorni dopo. Tuttavia i primi “liberatori” non vi sarebbero entrati da Trecciano che il 24 agosto, preparando la strada al grosso delle truppe, chi vi si attestarono il 26 agosto.
La resistenza dei tedeschi induceva alla cautela. Presso Faeta il 23 agosto un intero reparto britannico di 16 uomini fu catturato da una unità d’assalto della 44a divisione tedesca, che “con piglio ardito” lo circondò in una casa colonica.
Intanto reparti del Royal Garhwal Rifles conquistavano a fatica Monte Foresto e Monte La Caspa. Tale avanzata permise ai genieri di portare più avanti la pista per jeep, che raggiunse “il volto argilloso del Regina” senza particolari problemi, se non le frane quando pioveva; poi proseguì per Monte La Caspa e Monte Foresto, fino ad attestarsi a Le Fontanelle. Il 28 agosto la strada aveva una lunghezza di oltre 14 miglia e, tranne in alcuni punti particolarmente difficili, era a due sensi di marcia: “Fu in una delle strette sezioni attraverso una frondosa radura che comparve l’avviso ‘Lovers Lane’; e un altro più oltre: ‘Virgins not checked beyond here’ [‘Non si impedisce l’accesso alle vergini oltre questo punto’]”.
La mattina del 27 agosto mezzi corazzati britannici discesero da Costa Centosoldi e occuparono Valboncione, Fragaiolo, Lama e Sovaggio. Ormai i tedeschi avevano abbandonato il territorio capresano per attestarsi sulla Linea Bruna. Ma la zona restava ancora sotto tiro. Racconta Giovannino Fiori: “Dopo la liberazione del capoluogo, le artiglierie tedesche piazzate a Sovaggio e Mignano cominciarono a sparare le loro brevi e intense salve di cannonate ovunque notavano movimenti di truppe. […] Spesso, però, sparavano ai carri carichi di manne di grano e ai gruppi di lavoratori agricoli che cercavano di recuperare e salvare, anche in minima parte, i raccolti dovuti abbandonare nei campi in luglio, quando erano cominciati i rastrellamenti e la cattura mattutina per il lavoro coatto”. Ci furono cinque morti: due a Valboncione, due a San Polo e uno a Trecciano. Ma le mine sparse dai tedeschi sarebbero state fatali a due uomini tra settembre e ottobre e a quattro bambini dai 9 agli 11 anni d’età il 17 novembre: li dilaniò un ordigno presso Fragaiolo mentre giocavano vicino a casa.
Il pieno controllo dell’Alpe di Catenaia rendeva ormai possibile agli anglo-indiani sferrare l’attacco alla Linea Bruna in direzione di Chiusi della Verna. Per procedere lungo la valle tiberina, dovettero però superare l’accanita difesa tedesca sul caposaldo di Monte Fungaia, che capitolò il 28 agosto, dopo attacchi e contrattacchi.
Per il testo integrale con le note e le referenze iconografiche, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.