Operavano ormai sette stabilimenti tipografici a Città di Castello e zone limitrofe. Per gli standard locali si consideravano “grandi” la “Lapi”, la “Leonardo” e l'”Arti Grafiche”; medi la “Grifani-Donati” e la “Pliniana” di Selci; piccoli la “Sacro Cuore” e la Litografia di Enrico Hartmann. Nel 1933 si calcolavano in circa 370 il numero degli addetti.
Alla “Grifani-Donati” in quell’epoca lavoravano una decina di persone insieme a Ernesto e a Leonida. Il Libro Matricola aziendale redatto per la posizione assicurativa dei dipendenti registra l’assunzione di Elvio Boriosi sin dal lontano 1897; poi di Giuseppe Grifani, Avalle Camilletti e Cesare Lensi nel 1920, di Gualberto Raspini, Luciano Ghigi, Rosita Pasquetti e Maria Rosi tra il 1926 e il 1928, di Guglielmo Chieli, Maria Borchiellini e Giuseppina Moscatelli alla metà degli anni Trenta. Ma passarono per la tipografia assai più di una dozzina di persone, specie giovani apprendisti. La paziente Leonida – si sarebbe scritto di lei, nel renderle omaggio – fu “maestra a moltissimi di quegli operai nostri che costituiscono l’orgoglio di Città di Castello”.
Dell’ambiente familiare e operoso della “Grifani-Donati” e della spiccata personalità dei suoi proprietari portano autorevole testimonianza le affettuose parole della redazione de “La Bozza” per il loro disinteressato contributo: “Il buon Papà Ernesto ha con signorile cortesia messo a nostra disposizione e ‘tipi’ e consigli, e locali e macchinario, e delle ‘serie’ ricche di suoi caratteri noi ci siamo valsi in egual misura che della sua capacità tecnica indiscussa. Mamma Leonida ci ha infaticabilmente coadiuvato nella volonterosa opera di composizione e ripartizione del materiale, sempre con quell’affabile suo tatto con il quale tanti di noi essa ha incamminato nelle non sempre rosate vie della nostra professione”. A lei, “lavoratrice indefessa”, e a Ernesto – aggiunse “La Bozza”, una generazione di artieri, “per i loro valorosi consigli, debbono ancor oggi la propria posizione e le cognizioni grafiche che all’Arte tipografica li avvincono”.
Per il Municipio, oltre al costante lavoro ordinario già ricordato, la “Grifani-Donati” continuò a produrre regolamenti e relazioni amministrative. La Cassa di Risparmio tornò a privilegiarla per la stampa dei bilanci annuali e di altri opuscoli.
Altri enti fecero ricorso alla tipografia: la Congregazione di Carità, la Cassa Agraria Mandamentale, l’asilo d’infanzia, il Comune di Sangiustino. E alcune associazioni: la Società di Mutuo Soccorso dei Falegnami, la Filodrammatica, la Società Laica del Camposanto. Tra le aziende, furono clienti della tipografia la Fattoria Autonoma Tabacchi e il Consorzio Tabacchicoltori di Sangiustino.
Qualche opuscolo corredò riuscite manifestazioni di carattere economico e culturale, dalla Mostra Mercato del Mulo, alla Mostra dell’Artigianato, alla Rassegna della Stampa Tifernate. Altri opuscoli scandirono la vita e lo sviluppo dell’istruzione secondaria superiore a Città di Castello.
Di iniziativa editoriali vere e proprie la “Grifani-Donati” ne osò poche. Alcuni autori vi si appoggiarono per loro opere. Il volume di poesie in dialetto tifernate La sora Nena nova ricca, di Angelo Falchi sotto lo pseudonimo di Ghino Celalfa, fu uno dei pochi stampati per la casa editrice cittadina “Il Solco”.
Di libri di interesse locale non se ne stampavano molti. Sebbene il livello culturale medio della popolazione fosse indubbiamente cresciuto, rimaneva ristretta la cerchia degli acquirenti di libri e ne era pertanto ardua la commercializzazione.
L’estratto è una breve sintesi del testo in A. Tacchini, La Grifani-Donati 1799-1999. Duecento anni di una tipografia (1999).