L’altra grande azienda destinata a completare il panorama dell’industria tipografica locale – l'”Unione Arti Grafiche” – sorse in circostanze drammatiche. Nel 1909 i tipografi della “Lapi”, lamentando difficili condizioni di vita, richiesero aumenti salariali e una nuova disciplina dell’apprendistato. Seguì un logorante braccio di ferro tra sindacato e proprietà. Le maestranze finirono con l’accettare le proposte salariali dell’intransigente direzione, ma posero come unica condizione che non vi fosse rappresaglia contro gli scioperanti. Gli amministratori rifiutarono di offrire le garanzie richieste e parve all’opinione pubblica democratica che essi mirassero alla chiusura definitiva della tipografia.
Fu allora che la Società Patriottica degli Operai, la più avanzata politicamente delle associazioni di mutuo soccorso tifernati, propose una pubblica sottoscrizione “per far sorgere altra azienda tipografica la quale, libera da onerose conseguenze finanziarie di un burrascoso passato, degnamente [continuasse] la tradizione artistica e le audaci iniziative che furono vanto della Casa Lapi”.
Si legge nel giornale socialista “La Rivendicazione”: “Il misfatto è compiuto. Lo Stabilimento Lapi è stato ucciso. In quattro anni di dominio, lor signori lo avevano fatto campo per le loro più vili vendette: e paghi di questo, avevano lasciato che si disorganizzasse e si rovinasse sotto il peso di nuovi debiti”. Quindi delineò il bivio al quale si era giunti: “Re Fame verrà: ottanta operai sono senza lavoro. Ma non consiglierà l’umiliazione obbrobriosa. [… ] Dalla morte sorga la vita. Lo Stabilimento Lapi, che ora crolla, era ridotto organismo disfatto e corroso. La nuova azienda sorga e si faccia la sua storia e la sua gloria”.
Mentre veniva presentata in tribunale la dichiarazione di insolvenza dello Stabilimento, motivata con i gravi danni causati dallo sciopero, la commissione costituita per fondare la nuova tipografia riuscì a far sottoscrivere ai cittadini una cospicua somma. Nasceva così, il 21 gennaio 1910, l'”Unione Arti Grafiche”.
Nel primo decennio del ‘900, quindi, l’ambiente tipografico tifernate si sgretolò per ricomporsi in una sintesi più avanzata. La crescita della democrazia, con tutto il suo strascico di lotte, la presa di coscienza politica e sindacale dei lavoratori e l’affacciarsi del mondo cattolico sulla scena sociale e culturale contribuirono a rigenerare un’industria costretta a lasciare alle spalle il paternalismo ottocentesco di Lapi, i suoi sogni ambiziosi ma irrealizzabili. L'”azienda madre” riuscì a sopravvivere, mantenendo prestigio e capacità produttive; le sue “filiazioni” conquistarono in breve tempo una loro personalità e un adeguato spazio nel mercato nazionale.