Tra la fine del 1945 e l’inizio del 1946, dei privati fecero domanda per poter costruire fabbricati civili tra porta San Florido e Palazzo Vitelli alla Cannoniera. I progetti implicavano la demolizione delle mura e la loro utilizzazione in appoggio ai nuovi edifici. Gli interessati giustificarono la richiesta per le pessime condizioni delle antiche fortificazioni, “tanto più che lo scorso anno ricevettero molte schegge di proiettili esplosivi sul davanti, che provocarono maggiori screpolazioni”.
Il sindaco Luigi Crocioni raccomandò personalmente alla Soprintendenza di concedere l’autorizzazione e si fece portavoce anche delle pressioni in tal senso del P.C.I., dal momento che le progettate costruzioni avrebbero dato lavoro ad una trentina di muratori, manovali e apprendisti, tra cui dei reduci.
A giugno, il soprintendente Achille Bertini Calosso ricordò, in un primo momento, come il tratto di mura in questione fosse tra i meglio conservati; poi, si fece portavoce della decisa opposizione della direzione generale delle Antichità e Belle Arti. La conservazione di quell’area aveva già suscitati polemiche nel 1941, quando era stata demolita l’antica cappella dei Casceri.
In città però la situazione stava sfuggendo di mano. Scrisse “La Rivendicazione” (6 luglio 1946): “Le centinaia di disoccupati pressano, e con chi non ha lavoro si ragiona male”. I disoccupati avevano già iniziato la demolizione, finanziandola con dei fondi raccolti soprattutto fra commercianti, industriali e professionisti. Un gruppo di cittadini scrisse un’allarmata lettera al prefetto e a tutte le autorità, chiedendone l’intervento per bloccare una demolizione che avrebbe creato nuovi e irrisolvibili “problemi di sistemazione urbanistica ed estetici”. Ma a nulla valsero gli interventi del questore in persona e del soprintendente. La demolizione procedette.
L’abbattimento delle mura aveva avuto inizio alla sinistra di porta San Florido e, in quella sezione, fu totale. Vi parteciparono un centinaio di disoccupati, in grande maggioranza giovani, e si concluse in circa una settimana. Poi ebbe inizio la demolizione alla destra della porta; fu interrotta quando già si stava mettendo mano al tratto che costeggia il pomerio San Florido.
Un anno dopo, la Soprintendenza si vedeva recapitare il progetto di sistemazione dell’area di porta San Florido dopo la demolizione. Lasciava intatte le due casette dell’ex barriera doganale e prevedeva la costruzione di due palazzine a tre piani adiacenti alla porta e due villette a due piani. A distruzione ormai perpetrata non restava che approvare.
Scompariva così un pezzo di storia tifernate.