Nel 1927 il Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti autorizzò la demolizione dei due “torrini” di porta Sant’Egidio e del tratto di mura che delimitava l’antico “giuoco del pallone” (l’odierno giardino di piazza Garibaldi). Nella richiesta di autorizzazione, il podestà Luigi Mignini faceva notare come l’entrata della città si presentasse “ridente” dalla parte di Palazzo Vitelli e “deserta e monotona” dall’altro lato, con gran parte della cinta muraria ormai abbattuta e l’ultimo rimanente tratto in progressivo e inarrestabile degrado. Si ribadiva, inoltre, la non importanza storico-artistica del tratto di mura, “essendo non altro che una costruzione susseguente alle antiche mura perimetrali anteriori al secolo XVI”.
Il progetto comunale prevedeva di realizzare un giardino nell’area indicata, ampliandola con la proposta demolizione. L’intera zona, nelle intenzioni di Mignini, avrebbe così guadagnato in decoro e razionalità.
L’abbattimento dei due “torrini” della barriera di porta Sant’Egidio rese più ariosa piazza Garibaldi. Tuttavia l’incremento del traffico nei primi decenni del ‘900 mise a nudo l’infelice posizione del monumento all’Eroe dei Due Mondi. Nel 1935 se ne decise quindi il trasferimento al centro del nuovo giardino pubblico adiacente al piazzale.
Contemporaneamente, procedevano i lavori di costruzione della nuova stazione ferroviaria, realizzata dalla Società Mediterranea in previsione del prolungamento della Centrale Umbra da Umbertide a Sansepolcro. Il nuovo fabbricato ampliò considerevolmente il precedente, ma continuò ad essere utilizzato dall”‘Appennino Centrale”, per il mancato completamento del progetto della Centrale Umbra.