Il primo ministro Bonomi passa in rassegna il reparto del “Cremona” dove militavano i tifernati.
Livio Dalla Ragione e Settimio (Mimo) Gambuli.

La contestazione a Umberto di Savoia

A ostilità cessate avvenne un episodio rimasto indelebile nella memoria dei soldati del “Cremona”. Il 16 maggio 1945, il Luogotenente del Regno Umberto di Savoia passò in rassegna le truppe tra Codevigo e Piove di Sacco, insieme allo stato maggiore e ad alti ufficiali alleati. Al suo arrivo a Piove di Sacco, dove l’attendeva il 21° reggimento di fanteria, mentre la banda musicale suonava la Marcia Reale, esplose inaspettato e spontaneo il sentimento anti-monarchico di molti volontari. Dopo qualche fischio e l’urlo degli slogan “abbasso il re”, “viva la repubblica”, si levò il coro:

Già trema la casa Savoia

bagnata di fango e di sangue.

Si svegli il popolo che langue,

si svegli il popolo che langue.

Fratellanza e giustizia chiediamo,

al mondo siam tutti fratelli,

noi siamo le schiere ribelli,

sorgiamo che è giunta la fin.

A inscenare la protesta, con il canto dell’inno anti-monarchico, fu il settore più politicizzato e repubblicano del “Cremona”. Colse di sorpresa anche molti volontari. Raccontò il diciottenne Emilio Mattei, di Sansepolcro, che assistette alla contestazione di Codevigo: “[…] Il principe non aveva fatto che pochi metri, quando molti dei presenti abbassarono le armi e cominciarono ad insultarlo. Io come un pesce fuor d’acqua, rimasi stupito davanti a tale scena”.

L’allora colonnello Ettore Musco, per quanto prodigo di elogi nei confronti degli ex-partigiani del suo Gruppo di Combattimento, criticò duramente la contestazione a Umberto di Savoia; a suo dire, fu sobillata dal partito comunista, forte del fatto che nei reggimenti di fanteria “la stragrande maggioranza dei soldati era comunista”.

Per il ruolo avuto nella contestazione a Umberto di Savoia, vennero arrestati l’11 giugno 15 militari; tutti, tranne uno, il 20 giugno furono processati per “ammutinamento in tempo di guerra” e condannati a pene di varia entità dal tribunale militare. Tra di essi, i tifernati del “plotone Montebello” Livio Dalla Ragione, Settimio e Gastone Gambuli, Luigi Benedetti, Armando Perugini e Ivo Giacchi. Le fonti non sono del tutto concordi sui nomi dei condannati. Settimio Gambuli scrive che, oltre a lui stesso e al fratello Gastone, subirono la condanna Dalla Ragione, Giacchi, Perugini e “Mario e Pietro”. Nel “Bollettino per i Volontari della Libertà” (Circolare n. 8, 29 settembre 1945), oltre che di Dalla Ragione e Gambuli, si parla di Vittorio Batazzi, Luigi Benedetti, Alberto Marcellini e Giovanni Rossi. Dopo la protesta, era giunta la disposizione di smembrare il “plotone Montebello”. Gli autori della contestazione, consapevoli della gravità dell’accusa di ammutinamento, si dichiararono pronti ad accettare i trasferimenti. Però insorse il resto del battaglione, solidarizzando con loro. Temendo di perdere il controllo della situazione, il comando del 21° reggimento “Cremona” ne ordinò l’arresto.

Durante la traduzione da Rovigo verso il carcere militare di Gaeta, Dalla Ragione – che avrebbe dovuto restare in carcere 18 mesi – evase e si dette alla latitanza. Si costituì nel giugno 1946, per poter fruire dell’amnistia e dell’indulto militare appena concessi.

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.