Cartolina celebrativa dello squadrismo.
Squadristi tifernati a Villa Pasqui.
Intimidazioni pubblicate in "Polliceverso".
Le dimissioni del sindaco socialista Beccari.

Intimidazioni e minacce

Il settimanale del Fascio di Città di Castello, “Polliceverso”, funse anche da strumento per intimidire gli oppositori e per lanciare esplicite minacce. Eccone degli esempi.

 

 

Invito al boicottaggio di Rimini: “Castellani, usi a godere della stagione balneare! Non andate a Rimini! Boicottate la lurida città dei mercanti, bolscevichi e pescicani. […] Potreste avere dei dispiaceri […]”. I villeggianti della “sudicissima Rimini […] saranno certo onorati d’una visita dai fascisti bolognesi e trattati come si meritano” (9 luglio 1921).
Minacce a musicisti: “[…] avvertiamo i due musicanti (una volta tanto prestevoli per suonare ‘Bandiera Rossa’) che alla prima occasione che si presenta… o suoneranno l’Inno Fascista o sarà loro data una buona suonata! Uomo avvisato…” (9 luglio 1921).
Avvertimenti al maresciallo della Guardia di Finanza (“pas trop de zèle”) (6 agosto 1921) e a “un porcaccione senza ritegno” che sta denigrando il fascismo: “A codesta canaglia di pidocchio rifatto, fan coro in sordina e in sembiante guardingo due o tre altri buoni soggetti […]. Che stian davvero guardinghi codesti figuri” (8 ottobre 1921).
Avviso ai clienti fascisti di boicottare l’officina Ragnini-Segapeli di Lama: “un tal laboratorio impudentemente bolscevico”, perché “non trasporta le sue tende in Russia?” (12 novembre 1921).
Minacce contro tre “rinnegati” di Promano: “Che cosa hanno da bofonchiare contro il fascismo? […] Sentono forse del prurito ai calli? O porcaccioni, che veniste al fascismo per paura e per interesse, seguitate! Ve lo faremo passare noi, il prurito!” (15 aprile 1922).
Minacce ai contadini di Coldipozzo: “Aprite gli occhi, o coglio­ni di Col di Pozzo e compagni. Badate al vostro lavoro tranquillo e remunerativo e non pigliate delle gatte da pelare, sulla cui pelle, chissà, potreste un dì o l’altro lasciare le unghie” (6 maggio 1922).
Intimidazioni nei confronti dei testimoni d’accusa nel processo a carico degli squadristi tifernati e umbertidesi: “E’ nostro preciso dovere dare un amichevole avvertimento: noi non ci assumiamo nessuna responsabilità se i colpiti da queste false testimonianze reagissero fascisticamente” (27 maggio 1922).
“Ammonimento”, a Gioacchino Rossi, propagandista del partito popolare di Pistrino: “fa propaganda in bottega gesuita e falsa” (24 giugno 1922).
Avvertimenti ai ferrovieri: “Alcuni ferrovieri, che abbiamo già individuato, vanno a destra e a sinistra tra i compagni di lavoro, mettendo male sul nostro sindacato nazionale. Li consigliamo, da buoni colleghi, a badare ai mali passi, a tagliarsi i calli e a fare molte abluzioni ai piedi. Per loro bene. E uomo avvisato…” (21 luglio 1922). E ancora: “[…] noi conosciamo troppo bene l’amore dei nostri ferrovieri per le loro famiglie, per credere che essi possano abbandonarsi a risoluzioni avventate. A tal proposito raccomandiamo vivamente i calli al capo stazione di Fossato sig. Rogo e a quello di San Giustino sig. Bucci.” (19 agosto 1922).
Minacce ai sindacalisti della Federazione del Libro, definita “nefanda, antiproletaria, succhio­nica organizzazione rossa”: i fascisti intimano di cessare ogni attività a Guglielmo Pasqui, a Caterina Benni, a Luigi Ciarabelli, a Bruno Ricci (“[…] che già avrebbe dovuto aver fatto conoscenza col santo manganello fascista, ma che sarà sempre in tempo a farla se non ci ascolterà”) e a chiunque altro li avesse sostituiti (23 settembre 1922).
Minacce al sacerdote di Belvedere don Massimo Rossi: “Prudenza, canonico, analfabeta. Sare­mo costretti, in caso diverso, a insegnarvi un solfeggio che non è precisamente quello del clavicembalo…” (30 settembre 1922).
Avvertimenti ai “numerosi pervertiti” e “volgarissimi vigliacconi” che fondarono la lega rossa dei calzolai, capeggiati da Filugenio Cancellieri: “L’ora della teppa è tramontato per sempre” (7 ottobre 1922).
Minacce al maestro di violino Alceste Borelli, che non ha voluto suonare nel Canto della Vittoria: i fascisti affermano che per questa volta si sono “astenuti dal farlo intervenire per forza, per for-za, previa naturale purga all’olio di ricino” (11 novembre 1922).

Per un quadro più ampio del tema, si veda il mio volume Il fascismo a Città di Castello, Petruzzi Editore, Città di Castello 2004.