Dopo l’arresto di Mussolini si formarono anche i primi nuclei dei partiti democratici: socialisti, comunisti, repubblicani, democratico-cristiani, liberali. Il governo non aveva però ancora emanato disposizioni per la loro ricostituzione e le riaggregazioni avvennero in forma confusa e semiclandestina.
Gabriotti rappresentava l’indiscusso punto di riferimento dei democratico-cristiani tifernati e uno dei più convinti assertori del nuovo partito in ambito provinciale. Il 30 luglio ricevette da Roma una circolare che annunciava la costituzione di una Commissione di studi politico-sociali, presieduta da Alcide De Gasperi e incaricata di diffondere le “idee ricostruttive della democrazia cristiana” e “preparare le vie per l’azione futura” […]
Che Gabriotti fosse una delle più autorevoli personalità del cattolicesimo militante e dell’antifascismo umbro trova conferma nel fitto e concitato carteggio che tenne nell’agosto di quell’anno. Suo principale interlocutore fu l’avvocato perugino Carlo Vischia. I frenetici contatti servirono per segnalare i casi in cui bisognava intervenire con urgenza per sostituire le autorità più pesantemente compromesse con il regime. […]
A metà agosto Gabriotti si recò a Roma per prendere contatti personalmente con i dirigenti democratici cristiani. Trovò una situazione politica non meno caotica di quella umbra – “sono ancora tutti sbandati”, commentò -. Sperava di ottenere preziosi appoggi e utili informazioni, invece i suoi interlocutori non fecero altro che ribadirgli di continuare a premere con insistenza sulla prefettura. Durante il suo soggiorno, la capitale fu bombardata e non gli fu facile tornare a Città di Castello.
Ritardi e contrattempi spiegano gli elementi di pessimismo in alcune sue lettere. […] Gli ostacoli e le disillusioni non frenarono comunque la riorganizzazione dei democratici cristiani. De Gasperi e Spataro rinunciarono per il momento all’idea di convocare a Roma i rappresentanti territoriali delle commissioni di studi politici e dettero disposizioni affinché si costituissero prontamente dei comitati provinciali provvisori, con la nomina dei primi organismi dirigenti. Per la provincia di Perugia, fu Venanzio Gabriotti a convocare l’incontro per la mattina del 17 settembre presso lo studio di Vischia. […]
La notizia dell’armistizio fu resa nota l’8 settembre. Ovunque esplosero manifestazioni di entusiasmo, più intense in campagna. Nel corso della giornata si riunì a Città di Castello il comitato dei partiti antifascisti; decise di continuare l’attività e di pubblicare un manifesto unitario per invitare la popolazione ad accogliere con calore i soldati di ritorno dal fronte e a cooperare per la ricostruzione morale e materiale del Paese. Il manifesto fu affisso il 9 settembre; in quello stesso giorno gli Alleati sbarcarono a Salerno. L’indomani, per tutta risposta, i tedeschi occuparono Roma. Il 12 settembre i loro paracadutisti liberarono Mussolini.
Il 13 settembre convennero in comune 36 autorevoli personalità di ogni orientamento politico, tra cui Gabriotti, per stringere un solenne patto di concordia tra concittadini, qualunque fosse stato l’evolvere degli avvenimenti. Gli intervenuti si impegnarono al “rispetto assoluto della personalità e della dignità umana” e ad evitare violenze e rappresaglie. Decisero quindi di rivolgere un appello unitario alla popolazione.
Nel pomeriggio, però, mentre veniva redatto il manifesto, giunse la notizia dell’occupazione di Perugia da parte dei tedeschi. La sera stessa fu affisso un altro manifesto, assai più perentorio e minaccioso: quello del comando tedesco di occupazione.
L’estratto è una breve sintesi, senza note, del testo in Venanzio Gabriotti e il suo tempo (Petruzzi Editore, 1993).