Di quanto montasse l’entusiasmo patriottico lo testimonia quanto successe allora nella limitrofa San Giustino. Da diversi giorni folti gruppi di cittadini di Sansepolcro – il borgo toscano distante appena tre chilometri – quotidianamente si portavano nell’umbra Sangiustino per incitare la popolazione ad innalzare la bandiera tricolore. Gli amministratori locali, fedeli al governo pontificio, fecero di tutto perché ciò non avvenisse, maledicendo la “disgrazia fatale” che il loro paese fosse così vicino alla Toscana, terra ormai “italiana”.
Il 16 giugno, quando il tricolore già sventolava a Città di Castello, giunse l’invito di Perugia ad aderire all’insurrezione. Gli amministratori avrebbero voluto non renderlo pubblico, ma in paese evidentemente già ne erano al corrente: infatti si formarono in piazza “diversi crocchi di persone” e si chiese “per mezzo di due Sansepolcresi la lettura e la copia del Proclamo”. Pur di non farlo, i rappresentanti municipali si dimisero. A quel punto, i manifestanti presero in mano la situazione e affissero il proclama. Ecco quanto avvenne nelle parole degli stessi amministratori:
“Sull’imbrunire della sera s’avviava a questo luogo gente di Sansepolcro portando una piccola bandiera tricolore, ed allora associatasi la plebaglia del paese alla prima, si incominciò dalla stessa ad esclamare fortemente: ‘Fuori la Bandiera, fuori la Bandiera!’: per cui fu gioco forza a questo Signor Priore Comunale, fatto ricercare sull’istante, in mezzo a tale ristrettezza di tempo fare allestire alla meglio una tal quale bandiera a tre colori, e per evitare maggiori sconcerti permettere prudenzialmente che questa si inalberasse”.
Anche a San Giustino non si infierì contro lo stemma papale, che rimase accanto al tricolore. Poi la folla richiese a gran voce la banda municipale e due individui del luogo portarono in corteo la bandiera per il paese, accompagnati dalla banda e da uno stuolo di concittadini e di abitanti di Sansepolcro, che sventolavano un’altra loro bandiera. Intanto s’udiva il popolo gridare: “Viva Garibaldi, Viva Vittorio Emanuele, Viva l’Italia, Viva il babbo nostro Garibaldi”.
L’articolo è un estratto, privo delle note che corredano il testo di Alvaro Tacchini nel volume: Alvaro Tacchini – Antonella Lignani, “Il Risorgimento a Città di Castello” (Petruzzi Editore, Città di Castello 2010).