La lapide nel cimitero di San Pietro a Monte.
Avviso con il quale la Prefettura rese nota la fucilazione.
Eduino Francini

Il plotone di esecuzione e le prime onoranze funebri

C’è dunque una sostanziale convergenza di testimonianze sul fatto che a decidere la morte dei partigiani catturati sia stato il capo della Provincia Armando Rocchi e che abbia comandato il plotone di esecuzione il tenente Edoardo Scotti. Non sussistono solide prove che i 16 componenti del plotone si siano offerti volontariamente.
È possibile tentare di identificare alcuni di coloro che ne fecero parte, grazie a tre testimonianze raccolte durante l’inchiesta giudiziaria avviata nell’immediato dopoguerra. Le rilasciarono militi della GNR presenti al momento dell’esecuzione. Si è già detto che due di essi, Ubaldo Narducci e Amleto Bambini – tifernati di 23 e 21 anni – continuavano a far parte della milizia fascista pur essendo già in contatto con i partigiani della Brigata Proletaria d’Urto “San Faustino”. Affermarono di non aver partecipato alla battaglia: sin dal suo inizio, per non esservi coinvolti, Narducci si nascose il dentro un pollaio e Bambini a poca distanza. Si ricongiunsero con il resto dei militi solo al termine dello scontro a fuoco. La terza testimonianza è del ventunenne eugubino Alessandro Sannipoli, che invece visse la vicenda di Villa Santinelli in tutte le sue fasi.
Dei due tifernati, il più deciso e sicuro nell’identificazione dei fascisti che fecero fuoco fu Bambini; tuttavia ammise che “l’esecuzione avvenne all’imbrunire […] e quindi non era facile distinguere bene le persone”. Il Narducci, dopo aver sottoscritto una circostanziata denuncia insieme a Bambini, in un successivo interrogatorio si mostrò più dubbioso: “Devo aggiungere che io non ho potuto vedere bene data l’oscurità sopravveniente i militi che parteciparono alla fucilazione in Villa Santinelli. Io ho saputo i nominativi dal Bambini e da chiacchiere in caserma. Io mi trovavo alla distanza di circa 15 metri dal luogo dell’esecuzione e sulla stessa linea di quelli che spararono e quindi non potevo vedere bene le sembianze di qualcuno di essi”. Comunque Bambini e Narducci si dissero certi della presenza nel plotone di esecuzione, oltre che del tenente Scotti, di Franco Baccelli, Fernando Baldinucci, Gino Bizzarri, Piermarino Gambacorta, Emilio Grelli, Giuseppe Orlandini, Bruno Ronconi, Giovanni Sanna, Alessandro Sannipoli e Vasco Topini. Nessuno era altotiberino; di coloro di cui si conosce la provenienza, un paio venivano da Gubbio, uno da Perugia, uno da Marsciano, uno dalla Sardegna e uno da Napoli. I nomi di altri sei militi vennero indicati o da Bambini, o da Narducci, ma non confermati da entrambi.
Sannipoli, tirato pesantemente in ballo da Bambini (“l’Orlandini ed il Sannipoli hanno confermato a me personalmente la loro partecipazione al plotone di esecuzione”), in un primo interrogatorio nel carcere di Poggioreale, a Napoli, confessò la sua partecipazione alla fucilazione dei partigiani. Fece anche i nomi di Baccelli, Baldinucci, Bizzarri, Gambacorta, Grelli, Sanna e Topini, confermando in modo significativo gran parte delle segnalazioni di Bambini e Narducci. Successivamente ritrattò, negando addirittura di essere stato a Villa Santinelli (“ero fuori in libera uscita”). Non sembra affatto convincente la ragione addotta per spiegare la ritrattazione: “[…] avevo paura. Non so spiegarmi che paura fosse”.

Prime onoranze funebri alle vittime

Città di Castello fu liberata dagli Alleati il 22 luglio 1944; Sansepolcro il 3 settembre.
Nell’aprile del 1945 le salme dei partigiani fucilati vennero esumate dalla fossa nel cimitero di San Pietro a Monte e trasportate a Sansepolcro. Pochi giorni dopo una delegazione di antifascisti appose una lapide sul luogo dell’esecuzione. In un clima politico ancora fortemente condizionato dal sostanziale anticomunismo degli occupanti alleati, il governatore britannico di Sansepolcro proibì che nel funerale da tenere in città si rendessero onoranze ai partigiani “con bandiere rosse”. Il Partito Comunista di Sansepolcro dovette accettare l’imposizione, ma chiese che non presenziasse “il plotone d’onore polacco”; problemi con i soldati polacchi, che non esitavano a manifestare la loro ostilità verso i comunisti italiani, vi furono allora non solo nella città biturgense.

 

Testo privo di note tratto da Alvaro Tacchini, La battaglia di Villa Santinelli e la fucilazione dei partigiani, Quaderno n. 12 dell’Istituto di Storia Politica e Sociale “Venanzio Gabriotti”, Città di Castello 2017.