All’inizio del ‘900, il movimento dei lavoratori tifernate si stava organizzando con crescente efficacia in virtù del vigoroso impegno dei socialisti. Essi riuscirono in pochi anni a catalizzare il consenso di contadini e di operai, offrendo credibili e concreti strumenti di lotta in ambito sindacale e politico. Si trattò comunque di un arduo lavoro di proselitismo, per il diffuso analfabetismo, per la difficoltà di rimuovere la secolare fatalistica subalternità, per gli ostacoli frapposti da istituzioni in mano a forze conservatrici, per i pregiudizi che ancora dividevano la popolazione di città da quella di campagna, considerata rozza, ignorante e inferiore.
Mentre la sinistra acquisiva una crescente consapevolezza delle proprie risorse, Franchetti finì con il diventare bersaglio degli strali dei suoi periodici. Il settimanale socialista “La Rivendicazione”, nato nel 1902, lo prese subito di mira: “Questo deputato non è che un macigno che da 20 anni grava sullo stomaco dei lavoratori a totale loro danno”. Egli, si legge ancora nel giornale, protegge “lo sgoverno di quattro prepotenti, […] che hanno commesso le più nere ingiustizie, i più illeciti favoritismi”. E inoltre: “Fame ed emigrazione accresciuta, prepotenze ed illegalità mai vedute fino ad ora, miseria intellettuale e morale, ecco ciò che per un ventennio ci ha dato la dittatura Franchetti e quella ancor peggiore dei Franchettiani”.
Il periodico socialista pubblicò pure la lettera di alcuni contadini, i quali si stupivano che i cattolici votassero l’ebreo Franchetti: “Quando vennero le elezioni per il deputato, noi ci ricordiamo bene che tanto il fattore come il padrone e tanti altri di Castello […], che tutti questi sono cristiani e vanno alla messa, sono venuti a dirci che votassimo per Franchetti e non per Bonavita”. Commentarono i contadini: “Noi non si sapeva che il Franchetti non era appartenente alla religione cristiana, e non era cattolico di chiesa, e manco battezzato”.
L’attacco dei socialisti fu a tutto campo. Lo definirono “il più inconcludente” di tutti i deputati e aggiunsero: “non ha saputa fare una ciambella che riuscisse col buco”, non ha arrecato “mai, mai un vantaggio a questo meschino paese”; e ancora: “parlatore infelicissimo, non sa neppure illudere col vento di vuote parole”.
In un suo trafiletto, inoltre, “La Rivendicazione” fece una velata allusione anche a possibili legami di Franchetti con la massoneria: “Il Gran Maestro della Massoneria Nathan è stato in questi giorni ospite gradito dell’On. Franchetti. Corre voce che non si sia degnato nemmeno di visitare la Loggia di Sansepolcro. Come fratello è un atto di scortesia un po’ grave. Il triangolo tra la modesta Loggia e la sontuosa Villa Franchetti ha prescelto quest’ultima. Per noi non c’è nulla, proprio nulla di strano”.
Il giornale progressista “Unione Popolare” lo criticò pure per la fama di “illustre spadaccino” che si era guadagnato e scrisse: “i suoi duelli non si contano più”, “i nostri legislatori promulgano leggi contro il duello, e poi si battono allegramente”; e ancora: “le sue gesta cavalleresche fanno la delizia dei giornali umoristici”. In effetti, ai duelli di Franchetti si era interessato anche il noto periodico “Il Travaso delle Idee”.
Estratto, senza note, del saggio Le vicende politiche di Leopoldo Franchetti a Città di Castello, di Alvaro Tacchini, in Leopoldo e Alice Franchetti e il loro tempo, a cura di A. Tacchini e P. Pezzino, Petruzzi Editore, 2002.