La foto di Orebaugh in un documento falso per proteggere la sua clandestinità.
Certificato partigiano di Maurizio Bufalini.

I rifornimenti degli Alleati

Non era dunque il necessario al proprio sostentamento che mancava ormai alle bande della “San Faustino”, quanto invece le armi per combattere. Già a gennaio, tramite Luca Mario Guerrizio, erano stati avviati i primi contatti con gli Alleati a Firenze in vista dell’invio di armi ed equipaggiamento. Il canale si consolidò quando, dai primi di marzo, iniziò a fungere da collegamento tra il CLN di Firenze e la “San Faustino” Maurizio Bufalini, tenente dei carabinieri di Città di Castello posto in congedo per il rifiuto di aderire alla Guardia Nazionale Repubblicana. Con grande rischio, spesso con mezzi di fortuna, talvolta vestendo ancora abusivamente la divisa di carabiniere, Bufalini effettuò frequenti viaggi tra il capoluogo toscano e l’Alta Valle del Tevere. Oltre a riportare materiale propagandistico, falsi documenti di identità e materiale utile alla Resistenza, concordò con il centro radio clandestino che operava a Firenze in collegamento con gli Alleati le modalità per gli avio-rifornimenti ai partigiani.

Però la cosa richiese tempo. Lo stesso console Walter William Orebaugh stava sollecitando l’invio: “Eravamo alle strette di armi ed era specialmente difficile armare le nuove reclute della Brigata. Diverse volte facemmo la triste esperienza di rifiutare promettenti candidati al reclutamento che non possedevano un’arma”. Con il passare delle settimane Orebaugh si trovò in forte imbarazzo: “Gli uomini non mancavano mai di domandare il motivo per cui ancora non avevamo ricevuto alcun lancio di rifornimento da parte degli Alleati. La mia credibilità e il mio potere si appannavano perché non avevo una risposta da dare”. Avrebbe saputo solo in seguito della scelta strategica degli Alleati di considerare assolutamente prioritario in quel periodo l’invio dei rifornimenti ai partigiani jugoslavi.

Trascorse dunque un lungo periodo prima che il progetto si concretizzasse. Maurizio Bufalini passava giornate intere ad ascoltare clandestinamente la radio per captare i messaggi in codice che preannunciavano l’avio-rifornimento e comunicarli al comando della “San Faustino”. In genere lo faceva a casa sua, dove aveva nascosto un apparecchio radio in una botte in cantina; ma anche, altrove, presso amici fidati. Infatti si trovava in ascolto a Perugia quando finalmente udì la fatidica frase “Abbi fede”, che avvertiva dello sgancio dei rifornimenti nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio nei pressi di Morena. Dovette dunque intraprendere un lungo e concitato viaggio in treno, bicicletta e cavallo per raggiungere la brigata e portare l’attesa notizia.

I partigiani si affrettarono a preparare il segnale luminoso convenuto: una croce disegnata con dei falò, di 60 metri per 30, che indicasse il punto dove paracadutare il materiale. Di lì a poco un secondo messaggio radio – “Puoi gioire” – comunicò l’imminente arrivo degli aerei alleati. Poco prima della mezzanotte di quel 30 aprile un aereo volteggiò per tre volte sopra Morena, inviò segnali luminosi rossi e poi lanciò nei pressi della croce luminosa appena accesa, non distante dalla chiesa, 23 paracaduti che depositarono sul terreno voluminosi contenitori con armi e altro materiale. “Si gridava dalla pazza gioia, o, meglio, si piangeva tutti insieme” – avrebbe ricordato don Ceccarelli – “mentre in tutta fretta con delle bestie portavamo tutto in casa”. Quei rifornimenti non significavano soltanto aiuti concreti ed essenziali, ma anche la certezza di non essere più isolati, di sentirsi parte integrante del grande schieramento internazionale che combatteva il nazi-fascismo.

Intanto giungeva sul posto Venanzio Gabriotti. Informato del lancio, era partito a piedi da Città di Castello, restando in attesa a Montebello con i giovani partigiani tifernati. Ceccarelli lo vide emozionatissimo: “Era la prima volta che veniva a Morena, piangente per la gioia sebbene ridotto in misere condizioni per il molto fango (anziano com’era, varie ore aveva camminato in quella notte”).

Nel corso di quella notte beneficiarono dei primi rifornimenti pure i vicini partigiani marchigiani. Quelli della “San Faustino” avevano loro confidato i messaggi in codice e anch’essi, sebbene non autorizzati, predisposero a Colle d’Antico una superficie dove indirizzare lo sgancio dei paracaduti. Così gli aerei alleati lanciarono su di loro parte del carico. Il fatto, raccontato da don Marino Ceccarelli, trova conferma nelle parole del comandante della “Pesaro” Ottavio Ricci: “Questo sgancio avvenne in seguito a segnalazioni arbitrarie di alcuni partigiani e comandanti [del 1° battaglione], che vollero tentare di accendere dei fuochi e fortunatamente ottennero dei rifornimenti”. Nelle ore successive vi furono momenti di tensione tra i partigiani umbri e quelli marchigiani, i quali, secondo don Marino Ceccarelli, pretendevano di mettere le mani anche sui rifornimenti avuti dalla “San Faustino”. Ma non ci riuscirono.

Un successivo avio-rifornimento ci sarebbe stato a metà maggio. Per concretizzarlo, oltre al consueto lavoro di raccordo di Maurizio Bufalini, tornò grandemente utile l’apporto di Walter William Orebaugh. Il console infatti, condotto dai partigiani sulla costa adriatica, dopo svariate peripezie era riuscito ad attraversare la linea del fronte e a ricongiungersi con gli Alleati. La sua autorevole presenza contribuì ad accelerare il secondo rifornimento, che paracadutò quanto richiesto dal comando della “San Faustino”: non solo mitra e bombe a mano più sofisticate per meglio combattere, ma pure scarpe e vestiario, di cui c’era grande penuria. Fu inviata anche una stazione radio-trasmittente con due operatori, per instaurare stabili comunicazioni tra la formazione e gli Alleati. In quella circostanza Radio Londra trasmise i messaggi in codice “Le rondini ritornano al cielo” e “L’usignolo ha cantato tre volte”.

 

Per il testo integrale con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.