Documentazione del 1854 offre altre informazioni sugli oppositori del regime pontificio. Un fascicolo riservato della polizia indicava come capi del movimento patriottico il marchese Luigi Bufalini e il caffettiere Gaetano Cherubini, come principali collaboratori Antonio Montani e Vincenzo Celestini; “portatori di corrispondenza” erano il vetturino Pietro Carlani e il conduttore di diligenza Luigi Mei.
Proprio a quell’epoca stava prendendo corpo la fondazione della locale Cassa di Risparmio. Era dal 1851 che il nucleo promotore tesseva alleanze e raccoglieva sostegni per istituire l’ente. Lo auspicavano le più autorevoli personalità cittadine, convinte che la realizzazione di un progetto così importante richiedesse di accantonare ogni dissidio politico. In effetti svolgevano il ruolo di raccordo degli azionisti fondatori proprio due indiscussi patrioti, Filottete Corbucci e Antonio Beccherucci, e davano loro manforte un cospicuo numero di liberali. Tuttavia tra gli azionisti figuravano il Municipio e il vescovo, conventi, monasteri e personalità di assoluta fedeltà al governo pontificio.
Nonostante una così significativa condivisione del progetto da parte della comunità locale, il delegato apostolico di Perugia richiese informazioni sulla condotta morale e politica degli azionisti. Il governatore distrettuale di Città di Castello diede una risposta tranquillizzante: “Gli individui che compongono il novero degli azionisti, abbenché qualcuno ne’ tempi della passata anarchia non andò scevro di qualche eccezione, ora sono tutti sì per religiosa che per politica condotta o buoni, o migliori, ed anche ottimi”. Il vescovo Turchi dovette ammettere che la maggior parte di essi erano stati “assai caldi nell’epoca repubblicana” e che alcuni avevano allora ricoperto delle cariche. Inoltre allegò una lista che segnalava i nomi di quanti avevano sostenuto la Repubblica: 21 azionisti su 79. In prossimità del nominativo di Filottete Corbucci, per enfatizzarne la pericolosità politica, compare una doppia sottolineatura.
La presenza di tanti liberali e il ruolo centrale svolto da Corbucci non potevano non suscitare delle perplessità nel delegato apostolico, al quale si imputò un atteggiamento dilatorio che rallentò l’approvazione finale del progetto. Le pressioni dei tifernati ebbero comunque la meglio e la Cassa di Risparmio fu aperta il 1° giugno 1855. In segno di riconoscenza per le energie profuse, i fondatori avrebbero voluto che a pronunciare il discorso inaugurale fosse Filottete Corbucci, ma il governatore Pietro Testa pose il veto. L’“infiltrazione” degli oppositori nel nuovo istituto cittadino avvenne ugualmente: primo presidente fu Annibale Mancini (uno dei “caldissimi” dell’epoca repubblicana) e nel consiglio di amministrazione sedettero due altri liberali, Giuseppe Pasqui e Giosuè Palazzeschi.
Nei giorni in cui iniziava a operare la Cassa di Risparmio, un cospicuo corpo di spedizione italiano sbarcava in Crimea, per combattere a fianco di francesi e inglesi contro i russi. Nella strategia di Cavour, era il prezzo che il Piemonte doveva pagare per essere accolto nel novero delle potenze europee e poter così far valere le sue aspirazioni nazionali. A quella guerra parteciparono tre volontari di Città di Castello. Uno di essi, Florido Pensa, vi trovò la morte.
L’articolo è un estratto, privo delle note che corredano il testo di Alvaro Tacchini nel volume: Alvaro Tacchini – Antonella Lignani, “Il Risorgimento a Città di Castello” (Petruzzi Editore, Città di Castello 2010).