Nello stabilimento della Fattoria (anni ’20).
Giulio Della Porta
Taglio delle dogarelle per la costruzione delle botti nella segheria Garinei (1928).

Gli anni della Grande Guerra

 

Gli anni della Grande Guerra, per quanto segnati da sacrifici e ristrettezze, cementarono il consorzio. In seguito al richiamo alle armi di Sergio Rossi, ne assunse le redini Giulio Della Porta, che prese talmente a cuore le sue sorti da anticipare proprie risorse finanziare in alcuni momenti critici. Il conte acquisì tanta stima che, alla fine del conflitto, fu chiamato ad affiancare come procuratore Sergio Rossi con pari poteri. Partì per il fronte bellico pure Dino Garinei, che comunque fece di tutto per continuare a offrire il suo contributo. Si legge nell’elogio tributatogli dai soci: “Nei momenti in cui il dovere lo chiamò ad esporre la vita non dimenticò quella Fattoria Autonoma alla quale seguitò a dedicare ogni piccolo ritaglio di tempo che avrebbe avuto il diritto di riservare interamente alla famiglia e al riposo”. Rossi, Della Porta e Garinei, con raro affiatamento, avrebbero guidato la Fattoria nel suo straordinario sviluppo fino agli ardui anni della ricostruzione del secondo dopoguerra.
Le capacità organizzative e il carisma di Rossi e Della Porta, che svolsero il loro ruolo rinunciando sempre a ogni compenso, insieme al dinamismo e alla competenza di Garinei, crearono un clima di fiducia tra i soci da far apparire del tutto superfluo dotare il sodalizio di uno statuto. Se ne parlò in assemblea nel 1913, ma solo per rimandarne la discussione: una gestione informale che si protrasse per ben 17 anni. Giulio Pierangeli, avvocato dell’azienda e segretario dell’assemblea dei soci, avrebbe scritto nel 1931: “La Fattoria non ha avuto e non ha l’aspetto giuridico di una cooperativa, dal 1911 al 1928 anzi non si era data nessun assetto giuridico, mancandole persino la parvenza di una società, con il suo statuto, le sue cariche, le sue elezioni: solo nel 1928 si dette un assetto giuridico, sotto la forma di società civile; ma dalle sue origini ad oggi è sempre stata una ‘vera’ cooperativa, nella quale tutti i proventi sono stati ripartiti in relazione ai prodotti consegnati al Magazzino per la cura e l’imbottamento […]”. Lo stesso Pierangeli sottolineò la lungimiranza e il disinteresse dei procuratori della Fattoria quando favorirono l’ingresso di 27 nuovi soci, sancito nell’assemblea del 19 dicembre 1918: “I primi aderenti avrebbero fatto certamente un ‘affare’ trasformandosi da agricoltori in industriali del tabacco, ma con questa trasformazione la Fattoria avrebbe rinnegato le sue origini e si sarebbe preclusa la via ad ulteriori sviluppi”; non avrebbe dunque preso corpo – scrisse Pierangeli – quel “poderoso organismo agrario, che ha una funzione di primaria importanza nella vita economica locale”.