Il 20 giugno 1944, giorno dell’entrata dei “liberatori” a Perugia, a Città di Castello si udiva un forte cannoneggiamento in lontananza. Era il rimbombo dei colpi di artiglieria che, presso il lago Trasimeno, accompagnavano l’attacco alleato alla Linea Albert tedesca.
Il fronte bellico stava dunque per investire anche l’Alta Valle del Tevere. Per quanto fosse viva la speranza di una prossima fine della guerra, la popolazione conviveva con una sensazione di pericolo incombente, tra enormi ristrettezze, diffuse violenze e umiliazioni. Proprio nei giorni in cui si combatté sulla Linea Albert, i tifernati erano costretti a sfollare dalla città, che divenne scenario di un selvaggio saccheggio. La gente cominciò a lasciare le proprie case anche a Sansepolcro. Non vi era però pace nemmeno nelle campagne, per le continue razzie tedesche e, specie sui monti della Valtiberina toscana, per il rischio di venire deportati. Ad appesantire il clima giungevano le lugubri notizie di gravi fatti di sangue: le rappresaglie ed esecuzioni sommarie perpetrate dai tedeschi a Palazzo del Pero, a Falzano di Cortona, a Serra Partucci (Umbertide), al valico della Scheggia (nell’Anghiarese) e nella vicina Gubbio.
Il 27 giugno gli Alleati piegarono la resistenza germanica sul Trasimeno e tra il 29 e il 30 entrarono a Castiglion del Lago e a Magione. I tedeschi stavano comunque conseguendo quanto si erano prefissi: rallentare l’avanzata del nemico il più a lungo possibile, costringendolo a pagare un alto prezzo in termini di perdite, e guadagnare tempo affinché più a nord potessero procedere i lavori di fortificazione della Linea Gotica, baluardo appenninico sul quale arroccarsi per una strenua difesa. Così, mentre per gli Alleati il nuovo obbiettivo strategico diventava la conquista di Arezzo e lo sbocco verso Firenze, il comando germanico contava di approfittare delle caratteristiche morfologiche dell’Appennino tra Valdichiana, Casentino e Alta Valle del Tevere per ritardare ulteriormente l’offensiva nemica.
Nella sua storia della 4a divisione indiana, George Roy Stevens si sofferma, con considerazioni militari, sul paesaggio umbro a nord di Perugia e del Trasimeno: “I crinali diventavano più alti e stretti, le valli più profonde e scoscese, e più numerose erano le alture, coronate da villaggi e fortificazioni. Il fertile suolo presentava un manto più denso, con campi di grano alto fino al petto framezzati a frutteti e vigneti. Dei boschetti ricoprivano la cima dei colli. Creste e valli si sviluppavano da est a ovest, attraverso la linea di avanzata alleata. Rumoreggianti ruscelli percorrevano ogni valle, scendendo verso l’Arno o il Tevere. Quasi tutte le strade si indirizzavano verso est od ovest, lungo i corsi sinuosi di questi affluenti, fornendo al nemico un ammirevole sistema di comunicazioni trasversali. Tale terreno impediva la concentrazione delle forze e si prestava alla sorpresa, due vantaggi tattici che avrebbero potuto facilitare il compito dei difensori”.
***
La liberazione di Perugia aveva dunque illuso su una veloce avanzata degli Alleati verso l’Alta Valle del Tevere. Invece avrebbero impiegato più di un mese per raggiungere Città di Castello e più di due per liberare Sansepolcro. Le ragioni per una lentezza che ai più pareva incomprensibile e nefasta, considerati i saccheggi, le distruzioni e la cieca violenza alla quale si abbandonavano le retroguardie tedesche, erano prettamente militari. Nella strategia globale degli Alleati al fronte italiano veniva ormai attribuita un’importanza secondaria rispetto a quello da aprire sul suolo francese, per prendere in una morsa una Germania già sotto la pressione dei sovietici a oriente. L’avanzata in Italia non poteva quindi fare ricorso su risorse illimitate; d’altro canto era messa a dura prova dalla tecnica di ritirata aggressiva adottata dai tedeschi, abili nel contrattaccare e ben decisi a sfruttare al meglio ogni successiva linea difensiva, su un ambiente in gran parte montuoso, per garantire ulteriore tempo ai commilitoni impegnati a fortificare la Linea Gotica.
Concorrevano a rallentare i movimenti degli Alleati il territorio sfavorevole per i carri armati, le distruzioni attuate dai tedeschi e le mine posizionate un po’ ovunque. I tedeschi confidarono inoltre sulla duttilità e sull’alto addestramento di piccole unità di combattimento formate da militari di diversi reparti per fronteggiare specifiche emergenze. Di quanto fosse arduo superare la barriera di colline sulle quali i tedeschi ponevano sapientemente le loro postazioni difensive, fa fede il brano seguente, che evidenzia il ruolo dell’artiglieria mobile britannica: “In punti riparati bene scelti il nemico aveva posizionato gruppi di cannoni e carri armati che sfruttavano le caratteristiche del terreno per far pagare un caro prezzo alla fanteria all’attacco quando appariva sulla cresta del colle, discendeva a valle e di lì si inerpicava sull’opposto pendio. Per far fronte all’organizzazione difensiva nemica, fu necessario coprire l’avanzata con gruppi simili di cannoni da campo, medi, semoventi e anticarro, che al bisogno si muovevano a stretto contatto con i reparti all’attacco. Solo con fatiche erculee tali armi poterono essere portate su per ripide pendenze e per gole accidentate e solo in virtù di una meravigliosa gestione i cannoni e i loro equipaggi poterono tenere il passo dell’avanzata della fanteria”.
Gli Alleati godevano di una tale superiorità aerea, quanto al numero dei velivoli a disposizione, e di una potenza di fuoco talmente maggiore da poter comunque confidare nel felice esito della loro paziente avanzata. L’aviazione tedesca poté alzarsi in volo solo raramente contro i caccia-bombardieri nemici e si limitò a sporadiche uscite notturne. Nel contempo gli Alleati ebbero la possibilità di alternare più frequentemente le truppe impiegate in prima linea, garantendo in momenti cruciali il ricambio con reparti freschi. Secondo fonti britanniche, questo aspetto finì con l’annullare i vantaggi tattici che la configurazione del terreno poteva garantire ai tedeschi: “Fortunatamente l’alto comando della Wehrmacht aveva vanificato questi vantaggi lasciando le truppe in linea per periodi lunghi e sfiancanti. Le formazioni nemiche di solito erano rade sul terreno. I loro reparti lanciati al contrattacco combattevano accanitamente per riconquistare i punti perduti, ma la penetrazione iniziale e la cattura delle posizioni tedesche era spesso più agevole di quanto meritava la configurazione del terreno”.
Per il testo integrale. con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.