Genitori? Molti bocciati…

 

Ogni generazione ha avuto di che lamentarsi di quella precedente. Basta leggere le testimonianze di ogni epoca per rendersene conto. “Ai miei i tempi i giovani non erano così…”, oppure “i giovani d’oggi non hanno capito cos’è davvero la vita…”: quante volte commenti del genere sono stati detti nel corso dei secoli; e quante volte li abbiamo sentiti – o detti – noi stessi. Stavolta, però, la questione pare più seria. Lo sbandamento giovanile ci disorienta tutti.
Il buffo è che oggigiorno di crisi generazionale, per come l’hanno sempre intesa gli attuali cinquantenni, non si vede proprio traccia. I giovani ti dicono chiaramente che vivono bene in famiglia. La pensa così oltre l’80% di essi; e i restanti sono più incerti al riguardo che delusi dal contesto famigliare in cui vivono. Se però si va in profondità qualche problemino vien fuori.
S’è chiesto quanto tempo trascorrono i giovani con i genitori o con il genitore con il quale convivono (infatti quasi il 15% degli intervistati ha genitori separati o divorziati). Tre studenti su quattro affermano di stare “molto” o “abbastanza” con i propri genitori. Comunque prevale nettamente (62%) l’“abbastanza”, risposta che sembra semplicemente un accontentarsi di quel che passa il convento. Infatti i veramente soddisfatti del tempo che loro dedicano i genitori sono poco più del 12%. E l’altra faccia della medaglia è data da quel giovane su quattro che si dichiara insoddisfatto. Fortunatamente sono pochissimi i casi di ragazzi costretti ad ammettere che i genitori proprio non ci stanno mai con loro.
Quanto alla qualità dello stare assieme, il livello del dialogo tra giovani e famiglia è giudicato molto o abbastanza positivo dal 70% circa; poco o per niente soddisfacente dal restante 30% In entrambe le categorie prevalgono in modo netto le risposte intermedie: quell’“abbastanza” e quel “poco” che indicano comunque la presenza di un disagio. E infatti sulla qualità del dialogo, come vedremo, ci sarebbe molto da dire.
Una delle ragioni per le quali i giovani stanno bene in famiglia – che sia davvero unita, ipocritamente unita o apertamente sfasciata – è la libertà che oggigiorno è loro concessa. Una esigua minoranza (il 6%) si lamenta, come succedeva una volta, di averne poca; il 43% dice che ne hanno “abbastanza”; il 37% “molta”. Si noti che il 13% ammette senza remore – e quale peggiore critica per i genitori! – di averne sin troppa.
Del resto è esperienza di tutti noi constatare amaramente quanta gioventù scorrazzi quasi allo stato brado. Sono consuete battute del genere “Ma ce l’hanno i genitori questi qui?”. Sì che ce l’hanno, ma sono i genitori di quella metà di giovani che in questo sondaggio riconoscono di godere di “molta” o “troppa” libertà.
Che la colpa sia di chi dovrebbe educare è evidente. In fondo i giovani, nelle loro inquietudini, sono onesti. Approfittano della libertà, dei soldi e degli agi che sono loro concessi, ma provano pure il rammarico di sentirsi un po’ abbandonati a se stessi e viziati.
Su un aspetto del rapporto con i genitori i giovani sembrano avere quella chiarezza di idee che certi adulti hanno perduto da un po’: vogliono genitori capaci di amare, ma anche di punire, se necessario. Si pensi che l’affermazione “un bravo genitore deve saper dialogare col figlio, ma anche punirlo se non rispetta le regole di comportamento decise” ha raccolto il 57% dei consensi; e un altro 11% si è trovato in maggiore sintonia addirittura con la linea dura: “un bravo genitore deve imporre le regole al figlio, perché i figli hanno bisogno di una guida severa”. Solo meno del 20% degli intervistati arriva a chiedere di essere lasciato “sempre libero di comportarsi come vuole”. Ecco una conferma che l’eccesso di libertà di cui beneficiano i ragazzi non è una loro conquista, bensì una conseguenza del disimpegno e della deresponsabilizzazione degli adulti.
Sarebbe dunque bene che genitori e figli si confrontino un po’ sulla qualità del loro rapporto. Già, ma quando? L’incontro con i genitori non avviene che “raramente” o “mai” per il 37% dei giovani a pranzo: un “raramente” o “mai” che si ripete per il 61% il pomeriggio e per il 42% dopo cena. Il momento centrale del dialogo in famiglia è dunque la cena, quando il 67% dei ragazzi riesce a stare insieme a uno egli adulti che l’ha messo al mondo.
Ma qui casca l’asino: nel 78% delle famiglie la televisione è “sempre” accesa all’ora di cena. Significa desinare scambiandosi qualche fugace occhiata, perché lo sguardo è tutto attratto dallo schermo; significa parlare poco, perché c’è da ascoltare quello dice la tv; significa scambiare qualche battuta su quel che mostra la tv, non di cose che toccano nell’intimo la famiglia e gli individui che la compongono
Ecco l’inghippo: ad educare (!?*!) quei giovani rischia di non essere più il genitore, ma la televisione. I risultati sono noti…