Macchine agricole prodotte dalla “Marinelli” fotografate fuori porta San Florido, presso la sede dell’azienda.
Prove sul campo delle macchine agricole della "Marinelli".
Fabbriche minori di macchine agricole
A Città di Castello, prima della guerra, era già in vita la “Marinelli”. I fratelli Emilio e Marino continuarono l’attività fuori porta San Florido, all’imbocco di via dei Casceri, nei pressi di quell’antico piazzale del Mercato che – ebbero modo di scrivere – “è la vita della nostra azienda”. All’esigua attrezzatura originaria – appena un trapano, ventilatori elettrici per la forgia, tornio e saldatura autogena – aggiunsero una grande cesoia, un maglio e altri trapani e torni. Si trattava di artigiani che, come si suol dire, “avevano il mestiere” e le cui macchine agricole trovarono un certo favore del mercato. A metà degli anni ’50 decisero di ampliarsi e di trasferirsi in un nuovo stabilimento costruito alla destra del Tevere. Allora davano lavoro a circa otto operai. Le ambizioni furono però frustrate dall’imprevista incidenza delle onerose spese di impianto. Nonostante il buon nome dei prodotti, si trovarono a corto di liquidità e la difficoltà di reperire crediti bancari finì con il condurre l’officina al fallimento. Marino riuscì poi a riacquisire a rate il macchinario, fondando con i figli un nuova fabbrica di macchine agricole a Sigillo; Emilio, detto “Ferro”, si dedicò alla vendita di prodotti della “Nardi” e di altre aziende del settore nella zona di Firenze.
Un’altra famiglia di Marinelli, i fratelli Antonio e Italiano, si dedicarono alla costruzione e riparazione di macchine agricole nella frazione di Lerchi, dove rimase attiva fino al 1957 anche l’officina degli Spapperi. Proprio in virtù dell’espansione di questo ramo manifatturiero, le Mostre dell’Artigianato allestite a Città di Castello a metà degli anni ’50 presentarono un settore meccanico in evidente crescita.