A vederli così, per strada, a scuola, o in famiglia, gli adolescenti italiani non sembrano avere tanti problemi. Una gioventù godereccia, che crede nei valori dell’amicizia, nei sentimenti positivi, ma poco impegnata socialmente, disinteressata alla cultura e alla spiritualità.
È proprio così? Ebbene, i risultati del sondaggio sembrano confermare le impressioni generali, anche se con sensibili differenze tra i due sessi.
Alla domanda “ti consideri felice?”, rispondono affermativamente – sommando i “molto” e gli “abbastanza” – l’88% dei maschi e il 66% delle femmine. Mentre tra i maschi i “poco” o “per niente” felici sono appena il 7% (i restanti hanno risposto con un “non saprei”), tra le ragazze le “poco felici” sono quasi il 26%, le “per niente felici” oltre l’8%. Ancora una volta si rivela l’approccio più problematico delle femmine alla vita, a questa età.
I quesiti successivi del sondaggio miravano a individuare quali, secondo i giovani, siano “le principali fonti di felicità”. I risultati sono netti: per il 95% degli intervistati (le differenze tra maschi e femmine in questo caso non sono rilevanti) vengono prima di tutto “l’affetto della famiglia e degli amici” e “lo svago e i divertimenti”. Inoltre, per l’87% dei giovani, per essere felici bisogna “avere un’immagine positiva di sé”.
Questi dunque i perni della felicità, secondo gli studenti: l’affetto della famiglia, buone amicizie, potersi divertire e “piacersi”.
Quanto alle altre possibili fonti di felicità, i dati divergono tra i due sessi e si prestano ad analisi anche preoccupanti. I maschi sembrano di gran lunga più materialisti, consumisti, ammaliati dalle sirene di questa nostra società. Il 58% considerano importante per essere felici “la ricchezza”; il 66% “il successo”. Vero è che, tra le risposte, quanti considerano tali fonti di felicità “abbastanza importanti” prevalgono su chi le definisce “molto importanti”; tuttavia l’orientamento della gioventù maschile è chiaro. Alle femmine, invece, successo e ricchezza appaiono meno decisivi per realizzarsi: il numero di coloro che hanno segnalato come importanti queste due fonti di felicità scende infatti al 36%.
Dove maschi e femmine, purtroppo, mostrano di avere idee assolutamente simili è nella modesta considerazione in cui tengono la cultura e la spiritualità. Una cosa di indubbia rilevanza come “credere in Dio e avere ideali spirituali” è indicata come “molto importante” solo dal 13% dei giovani, “abbastanza importante” dal 38% di essi. Non ce ne voglia il Padreterno, ma il 44% degli adolescenti farebbero tranquillamente a meno di Lui.
Peggio va con la cultura che – si sa – non è proprio il punto di forza degli allievi di un istituto professionale: la ritengono di una qualche importanza per essere felici appena il 45% dei nostri studenti.
Per avere una riprova su queste tendenze giovanili, il sondaggio ha chiesto agli studenti cosa li rende infelici. Due delle risposte più votate, senza distinzione di sesso, sono “non avere buoni amici” e “la solitudine”; poi “le delusioni sentimentali” e “le condizioni di salute dei miei cari”.
Il 41% dei maschi sono infelici per “non potere acquistare ciò che vogliono” e per “non potersi divertire come e quanto vogliono”. Viene così confermato l’atteggiamento indubbiamente più godereccio e superficiale dei maschi rispetto alle femmine, che indicano con percentuali molto inferiori, come cause della loro infelicità, il mancato soddisfacimento del bisogno di acquisti e di divertimento.
Non si deve inoltre sottovalutare il fatto che uno su quattro dei giovani si sentono infelici per le precarie condizioni economiche delle loro famiglie e per la mancanza di affetto in famiglia. E uno su quattro dei giovani soffre per le proprie condizioni di salute.
Inoltre uno studente su tre è giù di corda per il brutto rendimento scolastico e per non avere una buona immagine di sé. Il cattivo profitto a scuola è certo una cosa seria; ma può esserlo ancora di più, nell’età dell’adolescenza, il non piacersi, che si tratti del fisico o del carattere.
Su un giovane sui tre, poi, incombe la paura della morte: un fantasma che, evidentemente, non turba soltanto chi va in là con gli anni. La paura della morte potrebbe essere sconfitta dalla spiritualità, dalla fede in Dio. Ma sembra che gli adolescenti sentano Dio molto lontano. A crederci fermamente non sono in tanti; tuttavia appena il 10% afferma di soffrire perché non crede in Dio.
Infine la cultura. Giovani così vulnerabili avrebbero bisogno di saperne di più sulle loro radici, sul mondo in cui vivono, sui problemi che li affliggono. Invece sono veramente pochi quelli che vivono come un serio problema la loro evidente mancanza di cultura.
Attenti, però. Il sondaggio rivela pure che i giovani, per quanto fragili, spesso superficiali, facilmente “avvelenati” dai modelli di comportamento della nostra società, sarebbero in grado di cogliere sollecitazioni positive e alternative. Alla domanda “quanto è importante nella vita di una persona mostrare solidarietà verso chi soffre e dedicarsi al volontariato”, rispondono con “molto” e “abbastanza” l’85% di essi. Comunque il netto prevalere degli “abbastanza” tra i maschi (sono il 62% del totale) conferma ancora una volta una minore maturità dei ragazzi rispetto alle coetanee.
Infine preoccupa il fatto che ben il 55% dei maschi abbia risposto con un “poco” o “per niente” al quesito su quanto sia importante “l’impegno civile nella politica e nelle istituzioni”. In una società davvero civile, tutti, ma proprio tutti, avrebbero dovuto riconoscere l’importanza di impegnarsi nella vita pubblica. Invece, il fatto che lo ritengano importante solo il 39% dei ragazzi e il 59% delle ragazze offre ulteriori amari spunti di riflessione.