Caterina Arcaleni. Una teen-ager negli Stati Uniti.

 

La tifernate Caterina Arcaleni, diciassettenne, studentessa del liceo linguistico di Sansepolcro sta frequentando l’ultimo anno di high school a Madison (Wisconsin). Questa sua esperienza americana si svolge sotto l’egida dell’Associazione Intercultura Onlus.
Caterina ci racconta il suo primo impatto con gli Stati Uniti.
 
"Partendo per gli Stati Uniti non mi aspettavo poi un così grande sconvolgimento di vita, dato che credevo, come forse la maggior parte delle persone, la loro cultura molto simile a quella europea. Essendo qui ormai da più di un mese posso dire di essermi ricreduta.
Cominciamo dal descrivere il contesto in cui vivo. Mi trovo nello stato del Wisconsin. Questo stato, non molto conosciuto rispetto ai più celebri California, Florida o Texas, si trova in quella parte degli Stati Uniti nota come Midwest, nella zona dei grandi laghi. La sua capitale è Madison, la quale conta circa 570 mila abitanti, comprendendo anche l’area urbana. Madison è la città in cui vivo. Molte delle persone che non hanno mai viaggiato in America, o che ne hanno visitato solo alcune zone, avranno sicuramente in mente alcuni dei classici stereotipi americani: grattacieli, taxi gialli, Starbuck’s Coffee e Mac Donald’s. Vivendo qui si passa dal pensare "questa è l’America" a "l’America è anche questo".
Madison si affaccia su due laghi, Lake Mendota e Lake Monona, i quali contribuiscono alla bellezza della città e le conferiscono quell’aria tranquilla che solitamente non appartiene alle capitali.
Le prime cose che mi hanno colpito nel viaggio in pullman per arrivare a casa sono state in assoluto le strade e il paesaggio. Strade a sei corsie sempre, comunque, costantemente diritte, popolate esclusivamente da suv e pick up, che sorpassavano sia da destra che da sinistra. Le uniche curve erano quelle degli svincoli per le uscite.
Il paesaggio, anche se bellissimo e molto verde, si estendeva a vista d’occhio ed era assolutamente piatto, non un’altura, non una collina in lontananza, tutto completamente pianeggiante. Potete capire quanto, come abitante della mia amata Alta Valle del Tevere, questo possa essermi sembrato strano! Solo uscendo dall’autostrada ho visto quella che è la vera realtà del Wisconsin e di molti stati americani, quella che non ha niente a che fare con le grandi città o le spiagge da telefilm: campi di grano, granturco, fattorie, allevamenti di mucche e case più o meno tutte simili, tutte fatte in legno, tutte con l’immancabile bandiera americana fuori.
Un’altra cosa di cui mi sono resa conto nei primi giorni è quanto quella americana sia una società dipendente dall’automobile, più di qualsiasi altro posto che abbia mai visitato. Questo è dovuto a tanti fattori: il primo è che in tutte le città degli Stati Uniti, eccetto le metropoli, la macchina è l’unico mezzo di trasporto esistente. Non ci sono autobus che portano da un posto all’altro, gli unici sono quelli per andare a scuola; non ci sono treni che collegano le città. Questo è anche uno dei motivi perché qui i ragazzi prendono la macchina a 16 anni. Mi resterà sempre impressa la faccia della mia famiglia ospitante quando le dissi che per andare a scuola la mattina dovevo farmi venti minuti di treno. Dissero qualcosa tipo "Oh che bello! Deve essere divertente!"; ed è stato divertente scoprire che la metà dei ragazzi della mia scuola su un treno non ci è neanche mai salita.
Il secondo motivo è che l’organizzazione delle città qui è completamente diversa da quella italiana. Diciamo che, comunque sia, in Italia, in uno stesso quartiere, puoi trovare sia case, che negozi, che supermercati. Qui non è così. Passeggiando per il centro città è impossibile trovare un alimentari, come d’altronde è impossibile trovarlo in una zona residenziale. Ci sono zone residenziali e poi zone in cui sono concentrati tutti i centri commerciali. Per questo motivo qui è perfettamente normale dover fare venti minuti di macchina per andare a comprare il latte, o doverne fare quaranta per andare al cinema. Infatti un’altra cosa che ha divertito la mia famiglia ospitante è stata che da casa mia servivano solo tre minuti per raggiungere il primo supermercato e che volendo potevo andarci a piedi.
Il concetto di distanza è del tutto diverso dal nostro, un giorno puoi passare sei ore in macchina per arrivare su un posto che è considerato vicino. Tante altre cose sono diverse, la scuola, il cibo, i negozi, i supermercati, la gente, i ragazzi, i professori, il clima, i modi di fare e di dire, l’umorismo…
E la cosa che mi stupisce ogni giorno di più è come possa sentire un po’ sempre più mie quelle differenze, come possa sentirmi sempre più a casa".
 
Questa prima corrispondenza di Caterina è stata pubblicata nel numero di ottobre de “L’altrapagina”. Le successive sono allegate al presente articolo.