Mentre iniziava il prolungato attacco alleato al bastione di Monte Cedrone, la 10a divisione indiana proseguiva l’avanzata sulle alture a est del Tevere. Per conquistare il punto più elevato, Monte delle Gorgacce, venne di nuovo attuata la tattica di “inganno e sorpresa” risultata vincente a Montone. Il piano prevedeva un assalto diversivo diurno sulla destra a Monte Sgariglio, per occupare invece l’obbiettivo da sinistra nella notte.
I gurkha raggiunsero le posizioni assegnate con un faticoso movimento notturno, trasportando le mitragliatrici su muli. Scoppiata la battaglia, i tedeschi furono così duramente impegnati a rispondere all’attacco secondario, da venir colti di sorpresa quando i gurkha piombarono su di loro dal lato opposto. Era il 14 luglio 1944. Il comando tedesco definì una “lotta furibonda” la battaglia di Monte delle Gorgacce. Un ex ufficiale italiano al seguito degli anglo-indiani come interprete, Luigi Mancini, avrebbe raccontato: “Impiegammo più di un giorno, fino alla sera del 14 luglio, per ripulire il monte e i tedeschi lasciarono sul terreno 33 caduti (ma io non li vidi tutti). Dalla sommità dell’altura riuscimmo a colpire molti nemici che cercavano rifugio in tutte le direzioni”.
A quel punto, in preparazione all’offensiva finale su Città di Castello, e in attesa della presa di Monte Cedrone da parte dei commilitoni della 4a divisione, ai reparti della 10a non restava che eliminare ogni ulteriore sacca di resistenza tedesca sulle colline più basse verso il Tevere e raggiungere la vicina valle del torrente Soara. L’opera di rastrellamento di gurkha e garhwali tra Candeggio, Monte delle Guardie, Monte Urbano e San Donino si protrasse per circa quattro giorni e fu aggressivamente contrastata da tenaci nuclei nemici.
I tanti civili sfollati su quelle colline nella speranza di sfuggire i rischi della guerra si trovarono invece proprio nel mezzo della battaglia: “[A Villa San Donino] saremo stati più di un centinaio di persone, tra cui anche i conti Pierleoni proprietari della villa. Quella è stata una nottata da incubo: eravamo tanti da non trovare un posto per sederci; i bambini piangevano per la fame e soprattutto per la sete; sentivamo i colpi delle armi e ci rendevamo conto di essere in mezzo a una battaglia terribile; i cadaveri ritrovati poi per la strada e nei campi ci hanno fatto capire che, come già ci eravamo accorti dai rumori uditi durante la notte, si combatteva anche all’arma bianca”.
Dall’altra parte del Tevere, in una Falerno ormai in mano alleata, Teodorico Forconi descriveva nel diario l’inquietante spettacolo della guerra, senza potersi rendere conto fino in fondo di quanto stava succedendo e sottolineando con stupore come, in luoghi a pochi chilometri di distanza, si vivessero situazioni radicalmente diverse:
“14 luglio. Il cannone batte ancora San Savino. La battaglia divampa davanti a noi. […] Il cannone ora colpisce i monti retrostanti. Ciuffi di fumo qua e là con chiazze rosse. È passata una formazione aerea alleata: la cicogna vola a bassissima quota. Ma che cosa succede al di là del Tevere? Nella strada sottostante il passaggio delle macchine è continuo. Il cannone tace: sono le 15.30. […] Il cannone tedesco batte la [strada] nazionale che rigurgita di automezzi inglesi. Le colline di Promano e Canoscio rispondono furiosamente. Sono le ore 22.
15 luglio. Il sole fa capolino nella fitta nebbia ed il cannone comincia a tuonare. […] Si combatte sempre a San Savino.
16 luglio. Il cannoneggiamento iniziato ieri sera, intensificato nella notte, è stato tremendo ed è terminato alle ore 8. […] La cicogna è al suo posto di osservazione; sui monti dei Roscetti, Sasso, Baucca il cannoneggiamento ha ripreso ad intervalli, mentre le campane di Canoscio suonano per la Messa. […] È indescrivibile il terrore che incute questo fuoco d’inferno. Tra i soldati c’è molta disciplina, rispetto e garbatezza. […] Il cannone tuona e nell’accampamento si ascolta la radio; dalla parte opposta ufficiali e soldati seguono il tiro dell’artiglieria. Si odono in mezzo a tanto frastuono i canti religiosi della sera degli indiani. Su tutti e su tutto troneggia il campanile e il Santuario di Canoscio e la Croce”.
Per il testo integrale con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.