A protezione della Linea Gotica, i tedeschi esercitavano un ferreo controllo sull’area montana tra Verghereto, il Montefeltro e Sestino. Nel contempo, proprio per la posizione strategica della zona, i partigiani romagnoli e marchigiani continuavano a effettuare azioni di disturbo che tenevano sul chi va là le truppe occupanti. Come scrive Marco Renzi, anche nel territorio tra i fiumi Tevere, Foglia, Marecchia e Savio la presenza partigiana divenne “una minaccia costante [con] una reale forza di combattimento in grado di arrecare seri danni ai presidi nazifascisti: agguati alle guarnigioni meno difese, sabotaggi, interruzione delle linee telefoniche, danni ai ponti, sostegno ai renitenti”. L’8a Brigata Garibaldi romagnola a giugno effettuò attacchi a San Piero in Bagno, a Balze di Verghereto e si spinse fino alla Val Marecchia. Un suo Bollettino militare dà questo resoconto, alla data del 14 giugno: “Un nostro distaccamento assalta un presidio di Rofelle composto da circa 60 uomini di truppa, tre sottufficiali e un tenente, nonché da un sergente maggiore tedesco che comanda il presidio. Viene ucciso il tedesco e la truppa italiana, che non aveva opposto resistenza, disarmata, sciolta dagli obblighi militari e rimandata alle proprie case”.
L’azione repressiva nazi-fascista provò con la sua asprezza quanto insidiosa fosse percepita questa guerriglia. Da aprile i tedeschi avevano affidato il compito di contrastare i partigiani italiani, soprattutto per allontanarli dai lavori in corso sulla Linea Gotica, agli SS-Standartenführer Karl Bürger e Ernst Hildebrandt: il territorio toscano era di competenza del primo, quello romagnolo del secondo. Dipendeva dunque da Hildebrandt il 4° Battaglione volontari di polizia italo-tedesca (4° Freiwilligen-Polizei-Bataillon Italien) che a metà giugno s’insediò a San Pietro in Bagno, con compagnie dislocate a Pieve Santo Stefano, a Balze di Verghereto e a Sarsina. Questi reparti, comandati da ufficiali tedeschi, erano composti in maggioranza da soldati italiani già imprigionati in campi di internamento germanici; arruolandosi nell’esercito della Repubblica Sociale avevano così potuto liberarsi dalla prigionia. Dettero prova di una spietatezza, con un sistematico ricorso alla tortura e a violenze gratuite, di cui è difficile trovare corrispondenza nella pur dura repressione attuata dai nazi-fascisti nell’Alta Valle del Tevere.
Nell’ultima decade di giugno il disarmo di alcuni militi fascisti a Pratieghi (Badia Tedalda) e un attacco, poi abortito, al presidio di Balze da parte dei partigiani comandati da Giuseppe Poggiali (“Pippo”) contribuirono a scatenare il rastrellamento nazi-fascista che il 2 luglio 1944 strinse in una morsa la zona montana tra Balze di Verghereto e Casteldelci. Caddero in trappola e furono fucilati sul posto otto giovani, partigiani o loro simpatizzanti: tra di essi Gustavo Bardeschi e Agostino Moroni, di Badia Tedalda, uccisi a Serra delle Balze insieme al giovane renitente di Falera Giuseppe Casini. Morirono anche il diciannovenne Giuseppe Pettinari di Pieve Santo Stefano, torturato e fucilato a Lamone di Casteldelci insieme al coetaneo Luigi Lazzarini, di Molino di Bascio, e a Gettulio Marcelli, di 21 anni, di Ca Marcelli. Bardeschi, Lazzarini e Pettinari militavano nella 8a Brigata Garibaldi romagnola. Quel giorno furono uccisi anche due triestini, rimasti senza nome. I nazi-fascisti inoltre dettero alle fiamme i casolari di Bigotta, Lamone e Montagna, dove erano passati i partigiani, e si accanirono contro la gente del posto, comprese alcune donne.
La morte per fucilazione accomunò il 12 luglio presso Capanne di Verghereto i fratelli di Siena, Frè Luigi e Sildo Bimbi, ufficiali rispettivamente di 24 e 23 anni. Il 13 luglio fece la stessa fine, a Sarsina, il loro cugino carabiniere e partigiano Fosco Montini, ventiduenne di Badia Tedalda. Montini è stato decorato di medaglia d’oro al valor militare, i fratelli Bimbi di medaglia d’argento.
Il 27 luglio fu vittima di un’altra fucilazione a Sestino Ferruccio Manini, cremonese di 19 anni. Per unirsi ai partigiani, aveva disertato da un reparto fascista repubblicano inviato a proteggere i lavori sulla Linea Gotica.
In quell’estate di sangue pagò un duro prezzo anche la popolazione rurale. L’episodio più efferato avvenne il 22 luglio a Tavolicci e Campo del Fabbro, presso Verghereto, dove i nazi-fascisti sterminarono 64 civili, tra cui 19 bambini sotto i 10 anni di età. La gravità del fatto, che turbò persino le autorità del regime, portò fascisti e tedeschi a rimpallarsi la responsabilità di tale eccidio. Recenti approfondimenti hanno permesso di individuare gli autori materiali del massacro proprio nel 4° Battaglione volontari di polizia italo-tedesca.
Tre giorni dopo, in ritorsione per il ferimento di un tedesco, cinque uomini vennero fucilati a Frassineto, presso Santa Sofia Marecchia. Il 27 luglio un’altra atroce rappresaglia costava la vita a 27 persone al Passo del Carnaio e a Bagno di Romagna. Furono rastrellate per vendicare l’uccisione di tre tedeschi. Morì anche il sacerdote don Ilario Lazzeroni, colpito da una raffica di mitraglia mentre tentava di salvare la vita agli ostaggi. La brutalità della repressione – ammise il comandante della 8a Brigata Garibaldi “Romagna” – provocò “una certa resistenza da parte di elementi partigiani influenzati dalla mentalità locale a continuare le azioni contro i tedeschi”, ma la formazione partigiana non si perse d’animo e continuò la lotta.
Per avere mano libera su quel territorio alpestre, dalla fine di luglio le truppe germaniche fecero ricorso alla deportazione su vasta scala della popolazione. Quanti restarono intrappolati nel territorio ancora controllato dai tedeschi, subirono in continuazione violenze e spoliazioni e coltivarono la speranza di poter salvare il salvabile portandosi verso l’Alta Valle del Tevere già liberata. Ma tale azzardo fu per alcuni fatale.
Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.