L’arrotino tifernate Felice Arcaleni.
Arrotino ambulante.

Arrotini

A partire dal 1856 il mestiere di arrotino a Città di Castello si è strettamente identificato con membri della famiglia Arcaleni. Era morto da pochi anni Giuseppe Mariottini, l’unico artigiano del settore tassato nel 1851, e la scure del fisco prese di mira proprio i fratelli Arcaleni, ai quali si ingiunse di pagare una tassa di esercizio annua di uno scudo e venti baiocchi.
Un appunto municipale del 1894 rivela che gli Arcaleni arrotini erano allora Ermete e il nipote Luigi. Si tramanda che la bottega di Ermete si situasse già a quell’epoca nel vano all’ingresso della torre civica. Luigi occupava invece un locale nella parte alta dell’attuale via Angeloni. Quando, intorno al 1912, i lavori di allargamento della strada lo costrinsero a trasferire il laboratorio, finì con il mettersi con lo zio Ermete in “piazza di sotto”. Poi vi avrebbe continuato l’attività da solo.
Luigi, oltre che valente artigiano, amava la musica e dedicava molto tempo al suo insegnamento in campagna. Fu così che convinse il figlio Felice, già avviato al mestiere di tipografo, a diventare arrotino con lui. La bottega eseguiva lavori di riparazione e di arrotatura di coltelli, lame e forbici sia per l’uso domestico, sia per l’attività di altri artigiani e commercianti, come ad esempio macellai, calzolai e sarti. Serviva anche l’ospedale tifernate. Talvolta fabbricava pure dei coltelli. Prima di far ricorso all’energia elettrica, l’arrotatura veniva effettuata “co la gamba”, azionando una ruota a pedale.
Luigi Arcaleni visse fino al 1935; Felice è morto nel 1987 a 88 anni.
Fu arrotino anche un fratello di Luigi, Ruggero (1877-1963). Gli Arcaleni non subirono la concorrenza degli arrotini ambulanti che di tanto in tanto giungevano in città. Per la loro professionalità mantennero una clientela vasta e fedele. Felice cessò l’attività negli anni Settanta.