Intanto, a cavallo del 1900, si erano affermate altre imprese edili. Bernardo Andreoni (1877-1946), considerato il maestro di tanti capimastri tifernati, compare sovente in società con Angiolo Zandrelli: insieme, tra le tante cose, lavorarono nel cimitero, costruirono il nuovo padiglione del brefotrofio nell’ospedale e, dopo la Grande Guerra, la villa Cecchini a ridosso dell’omonimo torrione che si affaccia sui giardini di piazza Garibaldi.
Andreoni, che insegnò nel reparto stuccatori della Scuola Operaia, lasciò una particolare impronta nel Camposanto. Vi lavorò per oltre quarant’anni: sotto la guida dell’architetto Castellucci, edificò la facciata, disegnò e modellò stemmi, sarcofagi e colombai, mise in opera finestroni e monumenti.
Mantenne un rapporto privilegiato anche con il Comune. In epoca fascista gli altri capomastri si lamentarono dei favoritismi di cui godeva nella distribuzione delle commesse municipali. Fu impegnato frequentemente nelle opere murarie di restauro e di ampliamento dell’acquedotto. Restaurò anche Santa Maria Maggiore.
Un’altra impresa edile che ricevette cospicue e assidue commesse dal Comune fu quella di Napoleone Bistoni ( 1852-1922) e del figlio Domenico (1882-1962). Lavorarono un po’ in tutti gli stabili di proprietà municipale. Nel 1918, dopo il devastante terremoto dell’aprile precedente, ebbero l’incarico di demolire il campanile della Badia di Petroia, che minacciava rovina.
Caratterizzarono la ditta soprattutto gli stretti rapporti con la Curia. Nel 1902, infatti, le autorità ecclesiastiche prescelsero Napoleone Bistoni come proprio capomastro: succedette al defunto GioBatta Torrioli. Da allora i Bistoni si presero cura dell’edificio del Seminario e delle sue scuole, così come del Duomo e di tutte le proprietà della Canonica. Avrebbero lavorato anche all’ampliamento della scuola delle Salesiane e al restauro di San Domenico
Le commesse delle amministrazioni agrarie erano molto ambite; i principali proprietari terrieri potevano infatti garantire costante occupazione. Napoleone Bistoni fu muratore di fiducia di Leopoldo Franchetti. Aveva un collegamento telefonico diretto con la villa della Montesca; in tal modo, quando il barone aveva bisogno di qualcosa, poteva convocarlo subito.
Sulla base della documentazione reperita, negli anni 1915-1929 l’impresa Bistoni ebbe da 10 a 20 addetti, inclusi i manovali.
Gli estratti dal volume Artigianato e industria a Città di Castello tra ‘800 e ‘900 mancano delle note