Ah, i giovani d’oggi…

 

Che sta succedendo nelle teste dei nostri adolescenti? Quali trasformazioni, più o meno epocali, stanno avvenendo nel loro modo di comportarsi? Se lo chiedono un po’ tutti: i genitori che non sanno più che pesci pigliare, i tanti insegnanti frustrati, gli stessi giovani sopra i vent’anni, i quali rimangono stupefatti di fronte a certi atteggiamenti di chi è venuto al mondo appena un po’ prima di loro.
Parlo da insegnante, che li frequenta da una quarantina di anni e che si intrufola spesso in mezzo a loro per vedere le cose anche dal loro punto di vista. E parlo, premettiamolo, da insegnante di una scuola professionale, dove non solo i “secchioni”, ma persino gli studenti molto motivati verso lo studio sono assai rari. Ci vanno invece quei giovani – una vera e propria massa nella nostra società – che prediligono la manualità alla teoria, che si deprimono ogni qual volta debbono leggere, scrivere o far di conto, e che quindi molto spesso antepongono all’impegno scolastico una vita gaudente, fitta di sport, bar, discoteche, sesso, motorini, qualche spinello e via dicendo.
 
I comportamenti
 
Per chi non mette piede nelle aule durante le lezioni scolastiche, è bene raccontarle, a mo’ d’esempio, un po’ di scene che di solito avvengono soprattutto nei primi due anni delle superiori, quando gli allievi hanno dai 14 ai 16 anni.
Innanzitutto ci si trova a dover riprendere parecchi studenti che s’alzano dal loro banco come e quando vogliono, senza chiedere il permesso, per parlare con un altro studente, per sgranchirsi le gambe, per gettare qualcosa nel cestino. Anarchia totale…
Per molti ragazzi è consuetudine, pertanto appresa e praticata già dalla scuola media, il “tiro da tre punti”. Durante l’orario di lezione c’è che scaglia tranquillamente dal proprio posto verso il cestino a fianco della lavagna la cartaccia che avvolgeva la merenda consumata o la lattina vuota. E quando l’insegnante fa notare che si tratta di comportamento indecoroso, il ragazzo ti guarda con sguardo incredulo.
Il peggio avviene alla fine dell’intervallo e, talvolta, al cambio dell’ora. Se l’insegnante non sta lì come un carabiniere a sorvegliare, è “norma” per la maggioranza degli allievi gettare per terra lattine, bottigliette, cartacce, involucri delle merendine. Eppure la scuola ha fatto molto per insegnare ai ragazzi il rispetto dell’ambiente e la raccolta differenziata dei rifiuti. Chi li ha abituati a comportarsi così? Quando chiedo loro: “Siete così ‘maiali’ a casa vostra?”, rispondono ovviamente di no.
 
Il dialogo
 
Ad un adulto può sembrare strano, ma una delle più grosse conquiste è riuscire a insegnare agli adolescenti un corretto rapporto di dialogo. Ci vuole parecchia pazienza prima che riescano a mettere in pratica la basilare regola che allorché uno parla gli altri lo devono stare ad ascoltare. Quando si affronta un problema che pure dovrebbe coinvolgerli, si passa da momenti di totale e imbarazzante silenzio – quasi non interessi niente a nessuno dell’argomento – ad altri in cui si mettono a chiacchierare a gruppetti in estremo disordine, senza la minima preoccupazione di parlare all’intera classe.
Naturalmente il problema esiste quando si cerca di stabilire un colloquio reale con i giovani, il che significa far parlare anche loro. Per gli insegnanti abituati solo a tenere lunghi monologhi il problema non si pone.
 
Le idee
 
Gli adolescenti continuano a sentire il bisogno di affrontare questioni che investono la loro vita. Rispetto al recente passato, però, li percepisco più passivi. Propongono di meno, questo è certo. Inoltre, quando si cerca di approfondire un problema, in troppi si distraggono o si stufano presto. Ti accorgi che ti guardano con occhi assenti, immersi in un loro mondo, di difficile accesso per un adulto. Questioni sociali, politiche, culturali, persino spirituali, interessano poco.
Se prendiamo i più grandicelli, ci accorgiamo di come siano cambiate le cose. Una scuola come l’IPSIA fino agli anni ’90 era una roccaforte della sinistra. Giovani provenienti in gran parte dalle frazioni, molti dei quali figli di operai, quando si affacciavano – timidamente anche allora – alla politica, abbracciavano con facilità il patrimonio di idee della sinistra. E ora? Ecco i risultati di un sondaggio svolto fra i miei allievi che si sono recati a votare per le regionali del 2009: su 20 ragazzi, 2 si sono astenuti dal voto, 1 ha votato scheda bianca, 9 la Lega, 4 il PDL, 1 l’IDV e 2 il PD…
 
La capacità di attenzione
 
Ciò che maggiormente colpisce di questi adolescenti è la loro modesta capacità di concentrazione. Dopo un quarto d’ora – se va bene – di lezione intensa, vedi che le prime teste cominciano a ciondolare, gli occhi di alcuni si fanno inespressivi, qualche mano scivola furtivamente in saccoccia per dare un’occhiata al telefonino. In pochi riescono a stare concentrati almeno una mezz’oretta di fila.
È proprio il telefonino, superaccessoriato, la loro ancora di salvataggio, il centro del loro mondo. Senza di esso sono persi. Da come lo maneggiano con bramosia ti rendi conto che non ne possono fare a meno; e da come lo maneggiano con concentrazione capisci che qualcosa di importante sta cambiando nelle loro menti rispetto alle nostre. Sono abituati a schermate sintetiche, con dati essenziali, da leggere o osservare rapidamente per passare alla successiva. Un po’ quello avviene – su un piano più nobile e approfondito – con internet, un altro strumento che i giovani imparano ad adoperare presto.
Piaccia o no, sono queste le trasformazioni in atto. Quel ragazzo che non riesce a stare concentrato un’ora in classe, sa esserlo davanti agli schermi o display che predilige. Insistere con lezioni cattedratiche, di vecchio stampo, non porta a nulla. Ben che vada, la maggior parte degli allievi fa finta di stare attenti, ti lascia lavorare per non avere problemi, ma in realtà assimila poco di quello che dici e che fai.
Per un educatore è una sfida nuova, che sconvolge prassi didattiche consolidate, che richiede una revisione completa di come si propongono le varie materie. Per rispondere a tali sfide, l’educatore dovrebbe saperne di più su quanto avviene nelle teste degli adolescenti, di come pensa e si comporta la “materia prima” verso la quale è diretto il suo insegnamento. È questo l’“aggiornamento” di cui ha più bisogno.