"Bettina" Grifani Ottaviani, erede della tipografia alla morte del padre Ernesto, visse fino al 1974. Poi l’azienda, "per successione legittima" passò per un terzo ciascuno ai figli Ernesto e Italo – Mario era morto nel 1969 – e per un sesto ciascuno ai nipoti Corrado e Giovanni, detto Gianni. Il tipo di produzione e l’organizzazione interna si mantenevano del tutto tradizionali. Dei sei addetti, Italo Ottaviani e Francesco Duranti erano compositori a mano, Goffredo Coltrioli impressore, Nerina Battistelli e Giuseppina Moscatelli rilegatrici, Flora Ceciarini amministratrice.
Il lavoro non mancava, ma dalla fine degli anni Sessanta la tipografia versava in difficili condizioni finanziarie, per un indebitamento provocato dalla mancata riscossione di cospicui crediti maturati nel corso degli anni.
All’inizio del 1980 venne costituita una Società in nome collettivo tra Italo, Ernesto, Corrado e Gianni Ottaviani; contestualmente Corrado ed Ernesto cedettero le loro quote a Italo e Gianni, titolari ciascuno della metà del capitale sociale. Il valore della "Grifani-Donati" venne concordato in L. 5.760.000. Gianni, dopo una prolungata permanenza in un’altra azienda, affiancò allora nella tipografia lo zio Italo, la madre Flora Ceciarini e Goffredo Coltrioli, l’unico dei dipendenti al di fuori della cerchia famigliare che vi sarebbe rimasto ancora a lungo. Nel 1984 entrò in società anche la moglie di Gianni, Adriana Saporosi.
La "Grifani-Donati" stava per soccombere sotto il peso dei propri limiti. L’arretratezza del macchinario e la lentezza dei ritmi di produzione impedivano di fronteggiare una concorrenza sempre più agguerrita. L’indilazionabile rinnovamento fu avviato da Gianni Ottaviani. Si dotò di una moderna macchina da stampa Rotaprint SK50 e delegò la composizione ai laboratori specializzati sorti nel frattempo a Città di Castello. Il macchinario più antiquato ormai non si mostrava redditizio che per la produzione dei manifesti funebri.
Fu però impossibile una radicale rottura con il passato. Nell’antica tipografia vecchie e nuove macchine convivevano a fatica, così come trovavano una difficile armonia le diverse mentalità. Pertanto, tra il 1986 e il 1994 Gianni e Adriana dettero vita a un’unità produttiva distaccata nella zona industriale tifernate. Si dedicarono soprattutto alla stampa offset, ma anche alla confezione degli stampati, introducendo nella zona l’innovativa attività di spiralatura di calendari, opuscoli e pubblicazioni varie.
Nell’ottobre del 1994 Italo Ottaviani uscì dalla società. Di lì a poco, i problemi di salute di Flora Ceciarini portarono Gianni e Adriana a interrogarsi sul futuro da dare alla "Grifani-Donati". Nacque allora l’idea di una tipografia-museo, che però tenesse ancora in vita la vecchia attrezzatura per la composizione e la stampa di pubblicazioni di qualità. Intellettuali e artisti colsero subito l’opportunità che si apriva per arricchire ulteriormente l’ambiente culturale tifernate e sostennero calorosamente il progetto. La "Grifani-Donati" è così diventata sede di iniziative artistiche e meta di un flusso continuo di turisti e di scolaresche. Non ha dovuto far molto per trasformarsi in museo: è bastato infatti lasciarla così, come è sempre stata.
Il fascino di una tipografia antica, ma "vera", non artefatta per capricci di spettacolarizzazione museale, colpisce il visitatore che si aggira liberamente, talvolta intimidito, tra banchi di composizione, macchine da stampa e torchi. Non sa che lo accompagneranno nella visita proprio Gianni e Adriana, quei due tipografi indaffarati a soddisfare una clientela esigente e affezionata. Si rende conto però – ed è un’emozione improvvisa – che le ripide scale faticosamente salite da corso Cavour e l’ordinaria porticina appena oltrepassata l’hanno fatto entrare in una bottega artigiana d’inconsueta bellezza, proiettandolo in una dimensione sospesa tra il presente e il passato dove continua a rivivere il miracolo di Gutenberg.