[…] Sono i Fanfani i rappresentanti più tipici di questo mestiere a Città di Castello nell’Ottocento. Angelo (1804-1884) fu il “vernigiajo del Comune” e prestò la sua opera in tutti gli stabili municipali, curando in particolar modo la verniciatura di porte, finestre, imposte, mobilio e ogni altro manufatto in legno. Anche gli enti ecclesiastici furono suoi fedeli committenti. Ne continuò la bottega, al n. 34 di corso Vittorio Emanuele II, il figlio Florido (1839-1919), che figurava anche come decoratore e imbianchino. Questi fu un personaggio di rilievo nella vita pubblica tifernate. Contribuì alla fondazione della Società Filodrammatica nel 1860 e presiedette in varie epoche la Società di Mutua Beneficenza, la Banda Municipale e la Società Laica del Camposanto. Alcuni annunci pubblicitari specificano i prodotti e le prestazioni, oltre all’ordinario lavoro di verniciatura e di decorazione, che Fanfani offriva alla clientela: “Si eseguiscono ditte sul cristallo per negozi, alberghi, ecc.”; “Vernici lucide inglesi e francesi. Olio di lino cotto. Vernici a corpo di varie qualità raffinate a macchina. Pennelli da verniciatori e doratori. Tende alla persiana. Deposito di oleografie sacre e profane. Cornici nere e dorate. Grandi campionari di tappezzeria in carta delle migliori fabbriche nazionali ed estere”; e inoltre: “Grandiose illuminazioni artistiche ed allegoriche. Fiaccolate fantastiche e luminarie architettoniche ad imitazione del gas”.
Florido Fanfani avrebbe lavorato a lungo. Nel 1873 venivano indicati come doratori e verniciatori, insieme a lui, Pasquale Polenzani e Francesco Panari, come pittori Domenico Lambardi e David Valenti, come imbiancatori Paolo Dini ed Eraclito Tirimbelli. Negli anni successivi, a giudicare dalle cospicue commesse pubbliche ed ecclesiastiche, dovettero avere un certo rilievo i verniciatori Vincenzo Lucarelli e Angiolo Salvatori.
Per avere un quadro esauriente di tale settore bisogna passare alla fine degli anni ’20 del Novecento. Allora vennero censiti l’imbianchino Benedetto Mari, i decoratori Angelo Fiorucci e GioBatta Rossi, i verniciatori GioBatta Bertoldi, Romolo Carbini, Coriolano e Nazzareno Castellucci, Benedetto Ferrini e Antonio Gentiletti ed Emilio e Guido Guidotti. Di lì a qualche anno compare anche Luigi Carobi.
Quasi tutti questi artigiani avevano la bottega nel quartiere del Prato: Bertoldi in via San Florido, Fiorucci in via dei Casceri, Mari in via Santa Croce, Gentiletti e Ferrini in via Santa Caterina, i Castellucci in via dell’Ariento – Coriolano (1891-1959) e Nazzareno (1888-1950) continuarono l’attività del padre Augusto (1855-1939) -, GioBatta Rossi in via Battisti, Carbini nel piazzale del Mercato, fuori porta San Florido; Carobi, con il fratello Enzo, lavorava invece all’angolo tra via Sant’Andrea e via XI Settembre, a San Giacomo.
Quella di Rossi (1879-1951) era l’impresa di maggiore consistenza. Si pubblicizzava come “Verniciatore di carrozze, infissi. Scrittore di cartelli”. Tenne fino a una ventina di operai. GioBatta vi associò i figli, fra cui quel Pietro che la gestì fino alla conclusione dell’attività. […] I Rossi avevano fama di “artisti” nel loro mestiere; conoscevano bene il disegno, decoravano su qualsiasi superficie, curavano con sapienza antica la preparazione delle tinte e restauravano con competenza le sale decorate dei palazzi nobiliari.
Abile decoratore, ma su di un piano diverso, fu Cesare Sisi, che poi si sarebbe avventurato con successo nell’antiquariato e nella produzione di mobili in stile. Appena giunto a Città di Castello, si propose per “dipinti su qualsiasi qualità di stoffa, disegni per sarte e ricamatrici”, e per l’esecuzione di “ditte, stemmi, scenari, decorazioni di camere e salotti anche con carta da parati”. Anche lui operava al Prato, all’angolo tra via San Florido e via Battisti. Il suo negozietto si chiamava “Ars et Labor”. Negli anni ‘30 e primi anni ‘40 fu Sisi a realizzare la cartellonistica e i teloni pubblicitari e propagandistici delle grandi manifestazioni tifernati.
Gli estratti dal volume Artigianato e industria a Città di Castello tra ‘800 e ‘900 mancano delle note