Il censimento del 1881 faceva ammontare a 115 i falegnami nel Comune, 58 dei quali “padroni”, gli altri “giornalieri”. Si perpetuava una realtà di estrema frammentazione di minute unità produttive, destinata a protrarsi ancora a lungo. Come si è visto, le botteghe di maggior prestigio erano quelle di Vincenzo Innocenti, di GioBatta Mochen e di Francesco Montani. Un qualche rilievo ebbe anche la falegnameria e deposito di legname di GioBatta Rossi, che rimase iscritto per una decina di anni nelle liste della Camera di Commercio 1. Tra coloro che raccolsero l’eredità di Mochen è da ricordare Carlo Tiberini, a lungo suo collaboratore. Dopo la morte del maestro, nel 1893, la Cattedrale gli commissionò numerosi manufatti intagliati e delicate riparazioni; per il Comune costruì mobilio per uffici e per le scuole. Tiberini era assai popolare, perché garibaldino e volontario nelle campagne del 1859-1861 e 1867…