Alcuni artigiani si dettero al commercio di mobili. Il primo a percorrere questa strada fu Attilio Beni (1852-1931). Già nel 1900, benché ancora falegname, si presentava come “negoziante di mobilia per tutti gli ambienti e magazzino in legnami diversi”; vendeva anche letti in ferro, lavabi, ottomane e “sedie di Vienna e di Toscana”. Fino alla Grande Guerra rimase l’unico commerciante del genere, con un ampio negozio, e retrostante laboratorio, che si affacciava su corso Vittorio Emanuele II. Poi il suo monopolio cessò. Nel 1921 gli facevano concorrenza due altri falegnami, Matteo Biagini e Giuseppe Benni, tanto che chiese al Comune una riduzione della tassa di esercizio a causa del diminuito giro di affari. Intanto gli si era affiancato il figlio Giuseppe, che ne continuò l’attività. Musicista della Filarmonica e uomo di mondo, questi si affidò anche all’ironia per i suoi annunci pubblicitari, invitando la clientela ad acquistare “tutto il mobilio / di Beppe Beni del fu Attilio”. Nel 1941 Giuseppe vendette tutto e abbandonò il commercio.
Nei pressi del suo negozio si era insediato Giuseppe Benni (1881-1960): aveva il laboratorio in piazza del Marchese Paolo, ma volle aprire un’esposizione lungo il frequentato corso cittadino. Presentava la propria attività come fabbrica, con lavorazione a macchina, di torchi e pigiatrici per uva, di serramenta, di mobili di lusso in stile ed economici; commerciava pure in “mobili usati di occasione in ottimo stato”. Giuseppe aveva un fratello, Nazzareno (1877-1952), che, senza essergli socio, aprì un esercizio con simili caratteristiche a pochi metri di distanza; però finì con lo specializzarsi nella vendita di reti e letti in ferro, prodotti in proprio nella vicina via dei Santi Quattro.
L’altro falegname-mobiliere era Matteo Biagini (1894-1980). Aprì il negozio di via Mazzini nel 1920, come rappresentante della Cooperativa di Produzione e Lavoro fra Falegnami della Brianza, di cui vendeva i prodotti; si pubblicizzava anche come deposito di “impiallacciature di legni nazionali ed esotici” e magazzino di travi e di tavolame d’abete, larice, pirch-line, noce-satin e abete di Moscovia. Rifornì la Scuola Operaia, di cui era stato allievo, di fogli di impiallacciatura di noce, mogano, acero, palisandro e ciliegio. Alla fine del decennio vantava di essere l’unico negoziante cittadino di mobili costruiti esclusivamente nel proprio laboratorio. Di lì a poco avrebbe cessato del tutto il commercio per conto di altre ditte. Biagini, che occupava alcuni operai, fu il primo a intuire gli sbocchi commerciali del mobilio di stile moderno, assai più economico del tradizionale sia per la qualità della materia prima utilizzata, sia per la minor complessità della lavorazione richiesta.
Un settore particolare occupò l’officina, in via del Modello, di Luigi Vigna (1886-1971) e figli. Si presentava così: “Premiata fabbrica mobili artistici in malacca (cioè, poltrone in canna), midollo, legno”. Era l’unico in città che costruisse oggetti in vimini e impagliasse seggiole.