Gioacchino Baccani (1756-1828) fabbricò per Cattedrale e Seminario porte e finestre, tavole, panche, “ataca pani”, credenze, cassettoni, orchestre, architravi; e inoltre l’“altare per la Madona”, le predelle per il pulpito, “per li banconi” della sagrestia e per l’altare “del Beata Veronica”, “la busola per il capelone, con telaro e sporteli e contro sporteli”, e genuflessori (“fatto un genofresoro a legno di noce di mio”). Produsse anche leggii e croci d’altare – con legno di noce gli uni, di “ceraso” le altre – “il zoccolo per il reliquiario grande” e l’asta per il pastorale; rifece “le zampe alla Croce”, la “tavola alla tabella dell’orario, e alla cornice della tabella, ove si segnano i defonti sacerdoti”; mise scalini alla scala del campanile; costruì stanghe per le campane, “scale di abeto con li piozzi” e “cicognie” per le campanelle; a una campana dovette rifare il “telaro […] per poterla sonare con comodo”. Gli commissionarono palchi di varie dimensioni per le predicazioni e per i servizi musicali in chiesa e all’aperto (“fatto palco e altare in piaza il giorno del benedizione”).
Naturalmente riparava di tutto: le ricevute citano “accomodature” e “rappezzi” di canterani e credenzoni, di banchi di scuola e infissi, del ciborio dell’altare e del “sopracielo del baldachino”; e inoltre di portalumi, della carriola del pozzo, dei “candelieri da morti” e di altri cui rifece “tutte le zampe di noce”; rimise “padelete e altri rappezzi”, utilizzando – specificò – “cola e chiodi di mio e legno di mio”; riparò le “rilicuie”, “un genufresoro che era tutto rotto”, “li zocoli” di una panca; a un confessionale ricostruì “le cornice delle grate”, lo sportello e “l’appoggiatoro”.
Delle sue capacità professionali testimonia la continua opera di manutenzione dell’organo della Cattedrale: ne riparò i condotti, i mantici e, con legno di noce, “i due registri da piedi”. Lo chiamarono più volte “in servizio dell’organaro” e prestò la sua opera anche per “guastare” e trasferire altrove l’organo di San Filippo. Gioacchino Baccani ebbe fortuna negli affari. Negli atti notarili lui e il fratello Giuseppe, frequentemente associati in compravendite o affitti di terreni agricoli e come creditori di prestiti in denaro, sono definiti “esercenti la mercatura” e possidenti. Si dettero anche un tono acquistando un palco nel Teatro degli Accademici Illuminati. Gioacchino, che aveva continuato la bottega del padre Giovanni, morì nel 1828, nominando erede il figlio Luigi. Ma ormai la tradizione famigliare di falegnameria s’era conclusa.