All’inizio di maggio del 1944, quando tedeschi e fascisti rastrellarono l’ampio territorio tra Città di Castello, Umbertide e Pietralunga, diversi giovani di San Giustino e Sansepolcro prestavano la loro opera per la “Todt”, un’efficiente organizzazione tedesca di supporto alla strategia militare del Reich. Fondata dall’ingegnere Fritz Todt nel 1933, l’organizzazione era allora guidata dal suo successore Albert Speer.
A quell’epoca la “Todt” aveva esteso il campo di intervento ai territori occupati dalle forze armate tedesche ed era riuscita ad arruolare numerosi volontari. Soprattutto i giovani accettavano tale proposta di lavoro, perché permetteva di sottrarsi al rischio della deportazione in Germania e, se in età di leva, all’arruolamento nelle forze armate della Repubblica Sociale; inoltre offriva un impiego non molto lontano dalla zona di residenza e, aspetto non secondario, un salario ben superiore a quelli in vigore. Ricorda Angelo Boni: “Ci si andava per guadagnare qualcosa. Si prendeva una cinquantina di lire al giorno, quando qui uno specializzato ne guadagnava 12, se era fortunato. Una buona paga e ne avevamo bisogno”.
Ogni mattina un treno della Ferrovia Appennino Centrale, che allora attraversava l’Alta Valle del Tevere da Umbertide a Sansepolcro e quindi raggiungeva Arezzo, raccoglieva gli operai della “Todt” e li portava proprio ad Arezzo. Lì venivano impiegati prevalentemente in lavori di ripristino delle linee ferroviarie e delle vie di comunicazione bombardate dall’aviazione anglo-americana.
Un drammatico episodio interruppe improvvisamente la tranquilla collaborazione della manodopera altotiberina con l’Organizzazione Todt. Di ritorno da Arezzo, il treno faceva sosta a Molin Nuovo. In tale occasione i lavoratori solevano scendere dalle carrozze per bere qualcosa o fumare una sigaretta. Una sera successe l’imprevedibile. Giuseppe Minelli era lì: “Un sacco di fascisti sono usciti, chi da dietro le siepi, chi da dietro le case, e sono venuti allo sportello dei vagoni. Si doveva passare tra di loro ad uno ad uno e far vedere i documenti. Ci hanno schiaffeggiato; ce l’han fatte di tutti i colori. A me mi presero a pugni; sputai sangue”. Andò assai peggio a un ventottenne di Sansepolcro, Angelo Biagioli, freddato da un colpo d’arma da fuoco mentre saliva per la scarpata per abbeverarsi alla fontanella della stazioncina.
I motivi per una rappresaglia tanto violenta restano oscuri: si disse che i fascisti volessero “punire” i lavoratori della “Todt” perché talvolta cantavano nel treno canzoni sovversive.
Dopo il grave incidente di Molin Nuovo i pendolari altotiberini furono sospesi dal lavoro. Vi erano state anche proteste da parte delle famiglie dei più giovani, che dopo quell’aggressione temevano per l’incolumità dei propri figli.