Foto segnaletica del comunista Francesco Alunni Pierucci, che nel dopoguerra sarà sindaco di Città di Castello.

Antifascisti, non fascisti ed esuli

Già nel 1928 il prefetto di Perugia si sentiva ragionevolmente sicuro che ogni forma di opposizione fosse ormai definitivamente debellata e ne attribuì il merito all’efficacia delle misure repressive: “Tale disorganizzazione dei partiti, specie del più pericoloso, il comunista, è in gran parte conseguenza dell’opera vigilante continua ed attiva degli organi di P. S. esplicatasi sia con provvedimenti di polizia, quali l’ammonizione ed il confino, sia con le altre misure di vigilanza, cioè il fermo degli elementi sospetti, la revoca delle concessioni previste dalla legge di P. S. e controllo della corrispondenza diretta ai nominativi maggiormente indiziati di avversione al Regime e fra questi agli esponenti della massoneria”.

A Città di Castello i fascisti si ritennero certi di aver soffocato ogni residuo focolaio di resistenza solo dopo la definitiva emarginazione politica di Venanzio Gabriotti. Il portabandiera dei popolari e di tutto l’antifascismo tifernate, nonostante le avverse pressioni, resistette alla presidenza dell’Associazione Mutilati confortato dalla solidarietà dei soci fino all’inizio del 1931, quando lo destituì il presidente nazionale Del Croix. L’anno prima i suoi nemici più tenaci erano riusciti a provocare un provvedimento militare che lo aveva rimosso dal grado di ufficiale. La persecuzione e la campagna di discredito non aprirono brecce nell’animo di Gabriotti, che rimase un indiscusso punto di riferimento per quanti serbavano convinzioni democratiche. Nel contempo seppe mantenersi nel vivo della vita cittadina, sia perché amministratore dei beni ecclesiastici, sia per la non comune disponibilità a rendersi utile a quanti ricorrevano a lui per aiuti concreti e consigli. Paradossalmente, inoltre, proprio a un oppositore come lui si dovevano spesso le cronache da Città di Castello de “La Nazione”: vi ricorreva infatti il corrispondente locale Giovanni Borghi, fascista ma amico di Gabriotti, che approfittava della sua approfondita conoscenza delle questioni cittadine e ne pubblicava spesso gli articoli, naturalmente celando l’identità dell’autore. Nello stesso ambiente fascista avrebbero infine prevalso quei moderati che ritenevano quanto meno inopportuno l’accanimento contro Gabriotti: anche in virtù del loro sostegno il caso della sua rimozione dal grado fu rivisto e si concluse con la piena riabilitazione.…

 

 

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