Nell’autunno del 1918, mentre sul Piave divampava la battaglia decisiva della Grande Guerra, la popolazione italiana fu messa a dura prova da un’ulteriore drammatica avversità. Investì anche il nostro Paese una forma influenzale che si stava diffondendo in tutto il mondo con un impatto catastrofico. Fu chiamata “spagnola”, perché si riteneva – ma le indagine storiche l’hanno smentito – che provenisse dalla penisola iberica. Propagatasi con velocità impressionante, la pandemia provocò la morte di una cifra variabile dai 50 ai 100 milioni di persone, tra cui circa 600.000 in Italia.
Per quanto manchino statistiche ufficiali, si può supporre che nei 16 comuni inclusi istituzionalmente nell’Alta Valle del Tevere umbra e toscana nel solo trimestre ottobre-dicembre 1918 siano decedute per la “spagnola” dalle 1.000 alle 1.100 persone. Infatti nel 1918 morirono nel nostro territorio 1.267 persone in più rispetto al 1917 e 1.334 in più rispetto al 1919; inoltre il numero complessivo dei deceduti nel trimestre ottobre-dicembre del 1918 fu di 1.570 persone, oltre un migliaio in più rispetto al consueto numero di morti nel periodo.
I sintomi influenzali si manifestavano all’improvviso, poche ore dopo il contagio: brividi di freddo, perdita delle forze, nausea, diarrea, febbre altissima, gravi difficoltà respiratorie per i polmoni pieni di liquido. Sintomi che portavano rapidamente alla morte gli organismi più deboli, ma facevano pure breccia nella resistenza di persone fisicamente robuste.
Fu poco dopo la metà di settembre che i periodici locali iniziarono a trattare diffusamente della “febbre spagnola”, condizionati però dai limiti imposti dalla censura. Il settimanale tifernate “Il Dovere” alla fine di settembre 1918, quando non si conoscevano ancora a fondo i pericoli insiti nella “spagnola”, così ne descrisse il manifestarsi e il decorso: “La malattia insorge bruscamente, per lo più senza sintomi preannunciatori, con vivo senso di malessere e rapido innalzarsi della temperatura. La febbre raggiunge il suo massimo nelle prime 24 ore, di solito intono a 39° C.; ma arriva non di rado sino a 41°: si mantiene per due o tre giorni pressoché costante, e cade poi per crisi (donde l’altro nome della malattia: febbre dei tre giorni). La febbre è accompagnata da dolori articolari e muscolari intensi localizzati spesso ai lombi o alla schiena: si hanno anche dei disturbi catarrali delle vie superiori del respiro, lingua impaniata, qualche volta il vomito iniziale”. Il periodico – ma si era ancora all’inizio del dramma – ribadì che l’influenza aveva carattere “quasi sempre” benigno, però poteva divenire mortale se colpiva organismi deboli e se intervenivano delle complicazioni, specie di natura pleuritica e cardiaca.
Alcune immagini di corredo a questo e ad altri articoli correlati sono tratte dai siti web https://www.vanillamagazine.it/14-fotografie-ricordano-linfluenza-spagnola-la-piu-letale-epidemia-della-storia-dellumanita/ (testo di Matteo Rubboli), https://www.nogeoingegneria.com/effetti/salute/1918-influenza-spagnola-influenza-killer-o-aspirina-killer/,
https://it.wikipedia.org/wiki/Influenza_spagnola
e dagli Underwood Archives – Getty Images.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.