Amleto Bambini (1923-2003), è stato un noto commerciante di Città di Castello. Raggiunse i partigiani tifernati il 3 giugno 1944. Poi combatté volontario nel Gruppo di Combattimento “Cremona”. Ecco alcuni suoi ricordi.
Nella Guardia Nazionale Repubblicana (la “Bilinciana”)
Dopo l’8 settembre ho abbandonato l’esercito e mi sono nascosto per due mesi a Città di Castello. Un giorno ho pensato di andare dal barbiere, mi hanno riconosciuto ed arrestato. Essendo disertore, rischiavo di finire davanti al plotone d’esecuzione. Mi portarono laggiù a San Giacomo, dove poi ci ha aperto il negozio il corniciaio Alunni. Carlo Gentili (l’ex tabaccaio, un fascista buono) e “Pecione” Darderi si misero in contatto con i miei familiari e svolsero una funzione di mediazione, così che invece di fucilarmi mi fecero arruolare nella “Bilinciana”, la Guardia Nazionale Repubblicana. Per quelli nati nel ’23, ’24, ’25, c’era allora la possibilità di scelta: o nella “Bilinciana” a Castello, o al seguito dei tedeschi.
Per quello che ricordo la “Bilinciana” in quel periodo non si rese autrice di particolari violenze. A quel tempo anche coloro che erano nelle brigate nere erano dei poveracci, solo alcuni erano fanatici. Tra questi due di Gubbio, uno si chiamava Grilli. La Bilinciana in genere faceva rastrellamenti al seguito dei tedeschi. A quelli della “Bilinciana” mancavano anche le scarpe, che le cavavano a quelli che scendevano dal treno. Gli mancavano i fucili.
L’attività politica a quel tempo era fatta sotto voce. A livello personale, da amico ad amico, con qualche riserva.
La fucilazione di Gabriotti
Ero milite nella sede della Gioventù Italiana del Littorio. Conoscevo poco Gabriotti. In quei giorni stavo aspettando l’occasione propizia per scappare. Escludo che qualche castellano sia stato implicato nella fucilazione di Gabriotti. Chiesi in giro, ma mi dissero che erano tutti di fuori. Fui io, anzi, tra coloro che si informarono successivamente per ricostruire i nomi del plotone. Non c’è stato alcun “aggiustamento” dei nomi. Anche Pinze me lo escluse. Anche quando di trattò di fucilare quelli di villa Santinelli i castellani si fecero da parte. A noi ci comandava il ten. Faro; non dipendevamo da Brighigna.
Con i partigiani
Un giorno, dovrebbe essere stato all’incirca il periodo in cui fucilarono Gabriotti, di notte scappammo dalla GIL io, Sergio Benedetti (“Pistola”) e “Pinze”; trafugammo il mitra del più tristo dei militari, il tenente Faro, e cinque fucili. Il mitra poi l’avremmo litigato di continuo io e Livio Della Ragione. Riuscimmo a congiungerci alla “San Faustino”.
Non siamo stati protagonisti di azioni militari di particolare rilievo. Eravamo male armati e attrezzati. Una notte decidemmo di attaccare una colonna di tedeschi a San Maiano. Si era una quindicina e ci piazzammo nella pineta lungo la strada. Poi cominciò a passare un carro armato, poi un altro e così via. Che cosa si poteva fare con pistole e qualche fucile contro i carri armati? Quando ci si decise a desistere e pensammo di andare a letto, “Masino” insisteva di andare a dormire nella villa di Ferri. Fortuna volle che non l’ascoltammo perché la mattina la trovammo circondata dai tedeschi.
Dopo la liberazione di Umbertide noi attraversammo il fronte e ci dirigemmo a Casalina di Deruta. Città di Castello era ancora sotto i tedeschi. Lì consegnammo le armi. Restammo a Casalina con gli alleati circa un mese, svolgendo una specie di servizio civile di mediazione tra mezzadri e padroni per la divisione del raccolto.
Partenza con la “Cremona”
Tornati a Castello e saputo degli arruolamenti per la “Cremona”, si facevano nel negozio di stoffe di Dario Massa (ora Paci), mi arruolai. Dovevamo spettare un paio di camion che ci portassero al fronte, ma non arrivavano. Così in quei due mesi organizzammo una serie continua di feste da ballo, i “veglioni dei partenti”. Siccome i camion non arrivavano aggiornavamo il veglione alla sera successiva.
Testimonianze raccolte da Alvaro Tacchini nel 1975, nel 1990 e nel settembre 1998. Testo coperto da copyright; non riprodurre senza citare la fonte.
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