Tomassucci Renato. Dai GUF alla RSI

Fui inviato come ufficiale in Africa Orientale Italiana il 29 ottobre 1936, artiglieria (“non abbiamo sparato nemmeno un colpo”). Era con me in Africa il podestà Baldassarre Rondinelli Vitelli. Lo misero in quella carica più per il nome che per altro. Più che fascista era un ufficiale e un nobile.
Gruppi Universitari Fascisti (GUF)
Al ritorno costituii il Nucleo Universitario Fascista. A quel tempo il segretario del GUF di Perugia era il conte Ghino Meniconi Bracceschi; siccome fu chiamato a far parte delle alte gerarchie provinciali con il ruolo di vice segretario federale, fui nominato io segretario del GUF. Era infatti un momento in cui si valorizzavano i reduci dall’AOI, tra l’altro io ero anche ufficiale. Restai segretario del GUF fino al richiamo del 1939.
Il GUF di politica non si interessava affatto. Io non ho mai fatto veramente politica e nessuno me lo richiese. Facevo parte di diritto del direttorio federale ma alle riunioni non ci andavo mai e nemmeno mi convocavano. Qualche volta mi richiesero di effettuare delle ispezioni presso delle sezioni di partito, ma solo per verificare la consistenza organizzativa, mai per dibattere questioni politiche. Oltre all’attività ordinaria di tutela degli studenti presso le autorità scolastiche, il GUF (che aveva una consistente attività culturale con conferenze, ricreativa con balli e sportiva, facemmo anche il giro dell’Umbria in bicicletta) organizzava i Prelittoriali di Perugia per selezionare coloro che avrebbero partecipato ai Littoriali nazionali. Si trattava di un’importante occasione per farsi notare, per emergere sia nello sport che nella cultura e nell’arte, un raro trampolino di lancio per i più dotati. È per questo che i giovani universitari, anche coloro che al fascismo ci credevano poco, partecipavano con convinzione. Non mi risulta che i Prelittoriali siano stati un’occasione per dare corpo a fermenti innovatori o rivoluzionari che si esprimevano all’interno del fascismo. Come segretario ho potuto solo constatare questo fervore di partecipazione legato esclusivamente al fatto agonistico e alle chance che venivano offerte ai più capaci di farsi notare. Non mi ricordo di fermenti all’interno del GUF di Perugia, nemmeno di dissensi espressi nelle gare dialettiche. Eravamo autonomi dal PNF e l’iscrizione non era obbligatoria. È vero che il PNF ci considerava molto, rappresentavamo il futuro del regime e venivamo utilizzati per le nostre capacità intellettuali: il fiore all’occhiello. Si trattava quindi di un rapporto di fiducia reciproca, il federale non ci cercava mai. I nostri rapporti erano soprattutto con il segretario amministrativo per questioni di finanziamento, e con la dirigenza di Roma.
Fascismo e consenso
Non vi era una forza interiore nell’adesione al fascismo. La popolazione partecipava alle adunate, si vestiva come prescritto, ma ci credeva poco, e poi lo si è visto.
Tra i dirigenti tifernati, un fascista molto convinto era Vincenzo Paolieri, tanto che dopo l’8 settembre si è ritirato a vita privata.
Periodo bellico in Albania e a Perugia
Subii tre ferite in una giornata in Albania e tornai in Italia nel 1941. Volevano mandarmi al fronte ma vedendo quanti ufficiali si trovavano imboscati a Perugia sin dall’inizio del conflitto, mi impuntai e chiesi che prima partissero loro, poi sarei partito io. Fu così che fui assegnato al Comando di Divisione di Perugia, nell’ufficio assistenza e propaganda, per le mie capacità dialettiche e oratorie. Ebbi pochissimi rapporti con Città di Castello. Il rapporto tra Perugia e Città di Castello non si discostava da quello attuale. Rari aiuti, indifferenza alle sorti di Città di Castello. Quasi non fossimo un pezzo d’Umbria.
Avevo anche l’incarico di trasmettere al ministero rapporti riservati sullo stato delle truppe, sul morale. Con il 1943 divenne chiaro che si andava incontro alla debacle, un cedimento prima morale poi politico.
L’8 settembre a Perugia
L’esperienza dell’8 settembre fu traumatica; sebbene fossimo al comando di divisione sapemmo dalla radio dell’armistizio. Seguirono giornate schifose: alti ufficiali che supplicavano vestiti da civili… La piazza di Perugia fu presa dai tedeschi senza colpo ferire: un loro ufficiale ci venne a comunicare che una loro divisione corazzata era a Città della Pieve, pronta a combattere per Perugia, il nostro comandante fece notare che i soldati di Perugia erano pochi e senza armi. Fu così che i tedeschi poterono proseguire per il nord indisturbati, mentre dei reparti prendevano possesso di Perugia.
Adesione alla Repubblica Sociale Italiana
Proprio lo schifo che vidi dopo l’8 settembre mi indusse ad arruolarmi nell’esercito della Repubblica Sociale. In seguito mi recai a nord. Fui inquadrato in un reparto a Bassano del Grappa. Ci impiegarono in azioni di rastrellamento contro i partigiani. La mia adesione alla RSI mi costò 60 giorni di fortezza (mai scontati) e difficoltà di inserimento nel lavoro, tanto che all’inizio fui impiegato al distretto militare.

Intervista del 14 novembre 1989. Testo protetto da copyright; non riprodurre senza citare la fonte.