Gentili Virgilio. La famiglia Gentili e il regime fascista

Virgilio Gentili (1905-1998) – fratello dello squadrista Giuseppe – aderì al fascismo e visse in prima persona le più importanti vicende del regime a Città di Castello. 

 

 

La famiglia Gentili
Eravamo nove fratelli, ma vi erano due femmine e un altro figliolo avuti da mia madre da un altro marito. Ebbe poi le “fantignole” e rimase infelice per tutti i suoi 45 anni.
Giuseppe nacque nel 1898, Gino nel ’99, Giulio nel ’94 (era cassiere alla Cassa di Risparmio). Io sono del 1905, Luigi del 1901, Carlo del 1910. Nel 1921 mio padre era impiegato all’esattoria comunale, si chiamava Angelo. Eravamo piccoli possidenti, con due poveretti e la casa in via dei Casceri. Si viveva un po’ con la rendita, un po’ con lo stipendio del padre. Diventammo commercianti più tardi, rilevando dallo zio Sinnati il negozio di piazza di sopra, dove io e Luigi siamo stati 40 anni. Nel 1928 era anziano e ci cedette l’attività: l’abbiamo modificata e ingrandita.
Adesione al fascismo dei reduci
Un po’ ci sono entrati quelli che avevano da difendere la proprietà, un po’ vi era idealismo, soprattutto per chi era tornato dalla guerra. Andare in guerra quattro anni come avevano fatto i miei fratelli e poi essere trattati… tutti quei casini… cortei, insulti… Di noi avevano fatto la guerra Giuseppe, Gino e Giulio… Ambiente malsano; non c’era patria, non c’era niente… Uno come Giuseppe non sottostava alle angherie.Il suo carattere lo aveva dimostrato combattendo da ardito e partendo subito con D’Annunzio alla fine della guerra. Era buono di animo, ma era tagliato per quella strada. Non era violento; più che altro di fama, faceva paura il suo nome. Morì a 82 anni nel 1980.
Incursione fascista della Pasqua 1921
Avevo 16 anni allora… Quella sera ero a casa. Uscii dopo che i fascisti avevano preso possesso della sede dei socialisti, lì vicino. Vidi che buttavano questa roba dalla finestra e davano fuoco. Tornai a casa. Mio fratello mi ha tenuto fuori da queste cose fintanto che sono cresciuto. Gino partecipò con Beppe. Giulio ne rimase sempre fuori. Le squadre d’azione andavano in campagna nelle frazioni a fondare i Fasci. Noi più giovani si stava dietro, si partecipava indirettamente, si rimaneva lì; si andava magari con loro a fare qualche piccola spedizione. Una volta andai a Trestina. Dopo il 1922 è passato tutto.
Lotte nel Fascio nel 1924
C’era strozzinaggio [usura] a Città di Castello. Avellino Ferri era uno: i nipoti Dante e Rodolfo erano del Fascio. Torrioli stava dalla parte degli strozzini, perché anche la sua mamma…Palazzeschi stava dalla loro parte, anche se non credo che desse i soldi a strozzo, non ne aveva bisogno. Patrizi non prendeva parte a queste fazioni, era rimasto un po’ neutrale. Perché Patrizi cadde? Era sì ambizioso, ma non aveva le qualità per emergere. Aveva la laurea, ma certamente non aveva le doti di carattere, di grinta… [omissis] Giuseppe aveva un bel rapporto con Patrizi, sono sempre rimasti amici.
Espulsione di Giuseppe Gentili ed emigrazione
Perché fu espulso? Rimase coinvolto nella questione dell’omicidio di Ezio Torrioli. Non era stato complice, ma Minciotti era suo braccio destro, andavano sempre insieme. Così si trovò indirettamente coinvolto. Dopo l’espulsione, Beppe e Gino andarono in Brasile, nel 1926, ci rimasero 5 o 6 anni. Beppe fece il decoratore. Gino aveva un po’ di istruzione e si è arrangiato meglio. Beppe tornò a casa e si trasferì a Perugia, trovando un incarico di impiegato nel sindacato fascista. Sposò una Patrizi, non parente di Gino. Beppe entrò poi nella DICAT, ma non a Castello. Dopo la guerra Gino andò in Portogallo e sposò là; lavorava al consolato di Oporto [Porto]. Era stato segretario del Fascio di Assisi, infatti al rientro dal Brasile si era trasferito ad Assisi. Giulio finì a Padula, vicino a Napoli, in un campo di concentramento. Beppe era in Alta Italia e vi rimase.
Guerra in Africa Orientale
L’adesione per l’AOI fu spontanea, tutti ideali. Non c’era alcun tornaconto. Per qualcuno che andò in Africa vi furono poi degli impieghi: vedi Mercati tra le guardie municipali.

Dirigenti del Fascio
Contava soprattutto il segretario politico; certe cose non le sapevamo noi che facevamo parte del direttorio. Si faceva ogni tanto un’adunanza, ma le cose un po’ delicate le muoveva il segretario, che stava sempre lassù al partito. Noialtri avevamo altre occupazioni.
Considerazioni sui segretari politici che si succedettero negli anni Trenta.
Mario Tellarini:sapeva manovrarsi, ma aveva i suoi limiti, non era un grande leader. Ivo Serafini:non aveva un grande carisma, ma era un bravo ragazzo. Delle sue dimissioni so poco, non erano legate a fatti avvenuti a Castello. Probabilmente qualche divergenza di vedute con il segretario federale, altrimenti il direttorio lo avrebbe saputo. Vincenzo Paolieri:un avvocato, era una volpe. Mentre Serafini era un semplicione, un ingenuotto, Paolieri aveva cultura. Non cambiò nulla nella gestione del partito, perché era sempre e solo il segretario a fare le cose. Paolieri era un uomo misterioso. Non si sapeva cosa faceva. Il direttorio quando si adunava discuteva le cose più semplici. Per le cose che riguardavano gli enti, nomine e benestare, decideva tutto e da solo il segretario.
La Guardia Nazionale Repubblicana (la “Bilinciana”)
Ne facevo parte in quanto mobilitato. La sede era a San Giacomo. Spesso andavo su alla sera e restavo un po’ a chiacchierare. Brighigna mi incitava ad andare in sede “Tu n’ ci vieni mai…” Ma il giorno dovevo stare in negozio.
Prigionia di Gabriotti
Quando era in prigione qualche volta andai a trovarlo per salutarlo, eravamo amici. Mi disse una volta: “L’ hai visto l’avv. Donnini?” Risposi di sì “Salutamelo, digli che sto bene”. Non pensava di fare quella fine. Gli chiesi se gli occorreva nulla, rispose di no. Era in cella col cap. Nardi. Pareva tranquillo. Non mi chiese nessun favore. Eravamo amici e avevamo molta confidenza, ma eravamo di idee diverse… L’ultima notte non ero in servizio. Non ricordo di tentativi di farlo scappare… Mio fratello Carlo era in servizio in pianta stabile, ma anche lui era amico di Gabriotti.

 

Testimonianza raccolta il 24 maggio 1990. Testo protetto da copyright. Non riprodurre senza citare la fonte.