Esponenti della banda del “Russo”.

Ombre sulla banda del “Russo”

I primi di giugno, in a Murella, presso Tavernelle di Anghiari, la banda del “Russo” fu per la prima volta impegnata in un difficile scontro a fuoco. Aveva progettato di attaccare un convoglio di 70 capi di bestiame razziati dai tedeschi, ma si imbatté in un agguerrito reparto germanico. Riuscì a sganciarsi dal combattimento con un ferito, l’anghiarese Ettore Cangi. Non si ha notizia di altre sue rilevanti azioni militari prima del 25 giugno.

Attirò l’attenzione su di sé per ben altri fatti, che vennero indagati nel dopoguerra dalla Commissione toscana per il riconoscimento delle qualifiche di partigiano. Già a settembre giunsero al comando della “Pio Borri” diverse segnalazioni di “rapine ed estorsioni” operate da tale banda nella zona “tra Monte Mercole ed Anghiari”. Alcuni suoi componenti italiani, tra cui Giuseppe Livi, ne avrebbero incolpato gli stranieri. Si legge in una loro dichiarazione congiunta: “Circa le azioni degli elementi stranieri non possiamo essere responsabili e non conosciamo quello che possono aver fatto. Risulta però che fra di loro vi erano elementi poco raccomandabili, tanto che alcuni di essi furono espulsi dalla Banda Numero Uno [la banda di Arioldi]. Circa invece delle azioni da noi compiute, si precisa che non sono mai state commesse azioni di rapina il cui ricavato andasse a beneficio personale dei singoli; naturalmente la formazione doveva trarre dal posto i mezzi materiali per vivere e di conseguenza si fecero piccoli prelevamenti di generi alimentari, per alcuni dei quali si pagò in contanti con fondi del CLN. Queste azioni furono comandate dai responsabili”.

L’accusa agli uomini del “Russo” era quindi di strumentalizzare la Resistenza per fini poco nobili e i partigiani italiani, per quanto si dichiarassero estranei, si rendevano conto che stavano avvenendo fatti spiacevoli. Consapevole del rischio di discredito che incombeva sull’intero movimento, il comandante della “Pio Borri” Siro Rosseti intervenne con decisione. Ma la banda, o parte di essa – come asserivano gli italiani al suo interno –, rigettò ogni intromissione. Rosseti avrebbe poi riferito: “Perciò veniva intimato al suo capo ed ai componenti di inquadrarsi nelle formazioni della ‘Borri’ e, per lo meno, uniformare le proprie azioni nel quadro dell’attività militare di questa nella zona, sospendendo qualsiasi requisizione o sequestro. La ‘Borri’ avrebbe provveduto a fornire il necessario per il mantenimento degli uomini in base al proprio razionamento. Le staffette inviate a tale scopo vennero letteralmente ‘cacciate’ dagli uomini del russo, che non intendevano sottostare a tale razionamento”.

Si mosse pure Aldo Donnini, che con il suo Centro Collegamento “Poti” aveva il compito di raccordare le formazioni alla macchia della zona. Raggiunse il “Russo” a Montemercole, ma non riuscì a convincerlo: non lo trovò aperto al confronto nemmeno quando chiese di evitare almeno “intralci alle operazioni”. Comunque gli intimò di allontanarsi dalla rotabile Ville Monterchi-Palazzo del Pero.

Riguardo all’atteggiamento di totale chiusura del “Russo” verso la “Pio Borri”, Rosseti avrebbe scritto nella sua relazione: “Invitato ancora il Vasilis a sottoporsi al comando di una formazione regolare italiana, in quanto operava in territorio italiano, opponeva di non riconoscere, quale comunista e russo, alcuna questione di nazionalità”. Gli uomini del “Russo” che provenivano da altre formazioni, come quelle di “Tifone” e di Arioldi, furono sollecitati a rientrarvi, ma senza successo. Ciò contribuisce a spiegare il giudizio negativo espresso da Rosseti nel primo dopoguerra: “Ritengo che l’attività partigiana svolta dai componenti della banda non possa intendersi quale attività partigiana […]”.

La “Pio Borri” finì dunque con il dichiarare la formazione dell’Anghiarese “fuorilegge”. In tale clima, e in reazione al comportamento spavaldo e spregiudicato del “Russo”, si incrinarono i rapporti all’interno di essa e vi fu qualche defezione.

 

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.