All’inizio di maggio la situazione dell’ordine pubblico dovette apparire sconfortante ai fascisti anche nel resto dell’Alta Valle del Tevere umbra. Il commissario prefettizio tifernate Orazio Puletti scrisse una missiva riservata al Capo della Provincia, illustrandogli la realtà dei fatti. Nel giro di pochi giorni i partigiani avevano preso di mira il posto di avvistamento anti-aereo di Monte Fumo, il deposito di cuoio di Userna e il magazzino dell’ammasso a Cerreto, avevano perpetrato furti in diverse fattorie della zona e ucciso un fascista cortonese a San Leo Bastia; anche dalla vicina Apecchio giungevano notizie di un’incursione dei ribelli.
Intanto la “San Faustino” si stava predisponendo per un nuova azione di forza, mobilitando tutti i suoi effettivi. L’obbiettivo era il presidio fascista di Montone. Le bande di Cairocchi, Capanne, Montebello e Morena si ritrovarono verso la mezzanotte del 5 maggio presso Tre Ponti, all’imbocco della valle del Carpina, e presero a salire verso il paese. Quando videro scendere due camion, dovettero nascondersi. Siccome non capirono di chi si potesse trattare, una pattuglia di cinque uomini rimase di guardia in quel punto, consapevoli che probabilmente i camion sarebbero tornati indietro, perché allora la strada per Pietralunga terminava a Carpini. Il resto della banda s’affrettò a salire a Montone, entrandovi da punti diversi. Intanto un’altra squadra di cinque uomini, “ad evitare sorprese e richiesta di soccorsi” provvedeva a tagliare i fili telefonici e a minare il ponte sul Carpina a Santa Maria di Sette, lungo la strada di accesso al paese da Umbertide.
Verso le 4 del mattino i partigiani intimarono la resa ai militi del presidio. Costoro resistettero ben poco, anche perché fu loro fatto credere che l’edificio era minato. Dopo un’ora l’operazione di disarmo era conclusa, con i militi spogliati pure delle divise. Fu a quel momento che dei colpi d’arma da fuoco in lontananza misero sul chi vive i partigiani, ormai pronti ad abbandonare Montone. A sparare erano i tedeschi dei due camion, in risposta a una bomba a mano lanciata dal gruppo rimasto di guardia lungo la strada. Quei militari, in viaggio per andare in licenza verso nord, avevano sbagliato percorso, se ne erano accorti presso Carpini e stavano tornando indietro per reintrodursi nella Tiberina 3 Bis. Nulla di tutto ciò sapevano i partigiani che, ormai fuori Montone, si appostarono per precauzione lungo la strada e restarono in attesa con le armi spianate. Ormai filtravano le prime luci del giorno.
Su quanto successe dopo, le testimonianze non sono univoche. Certo è che, giunti sul posto, i tedeschi s’accorsero della presenza dei partigiani e cominciarono a far fuoco. Ne seguì una battaglia durissima. I soldati germanici si trovarono in difficoltà, dovettero cercare riparo fuori dai camion e subirono diverse perdite. Però, quando i comandanti della “San Faustino” ordinarono la ritirata, i tedeschi riuscirono a ripartire, spaventati per l’agguato subito, portandosi dietro i commilitoni colpiti.
Fonti fasciste avrebbero poi parlato di sette soldati tedeschi feriti e trasportati all’ospedale di Perugia; tre di essi, secondo quanto venne a sapere il parroco di Montone Mario Vannocchi, ebbero le gambe spezzate dai proiettili delle mitragliatrici. Tra i partigiani fu ferito a morte Aldo Bologni. Studente universitario di ingegneria, sotto tenente di artiglieria, era entrato nella Resistenza diventando stretto collaboratore di Venanzio Gabriotti. Alcuni lo videro avvicinarsi a uno dei camion, forse pensando che non ci fosse più nessuno. Ma un tedesco ferito gli sparò a bruciapelo. Lo ritrovò accasciato nel campo vicino il sacerdote Vannocchi, giunto sul posto al termine della sparatoria per soccorrere i feriti. Colpito al fegato, era in condizioni critiche. Lo portarono all’ospedale di Montone, dove morì assistito da Vannocchi, ma piantonato da ufficiali tedeschi nel frattempo accorsi da Umbertide. Vannocchi riuscì a convincerli che la popolazione era estranea all’attacco, li aiutò a scrivere una relazione sui fatti che scagionò i montonesi ed evitò una possibile rappresaglia. “Mi giovò molto” – avrebbe ammesso il sacerdote – “la conoscenza, anche se non perfetta, della lingua tedesca”.
Aldo Bologni, nato a Papigno (Terni) il 24 gennaio 1921 e residente a Città di Castello, fu decorati con la medaglia di bronzo al valor militare alla memoria.
Per il testo integrale con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.
Le fotografie nel sito, se non dell’autore, provengono per lo più dalla Fototeca Tifernate On Line.
Si chiede a quanti attingeranno informazioni e documentazione di citare correttamente la fonte.